Per la Critica
Cristina Battocletti, Bobi Bazlen - L'ombra di Trieste, La nave di Teseo
RITRATTO DI BOBI BAZLEN, L’ANIMA DI TRIESTE
di Diego Zandel
Chi era Bobi Bazlen? Ce l'ho racconta Cristina Battocletti, giornalista, vice responsabile della "Domenica" del "Sole 24 Ore", in un libro interessante quanto appassionato e appassionante "Bobi Bazlen, L'ombra di Trieste", edito da La Nave di Teseo. Il migliore, sul piano saggistico, daI punto di vista del racconto, di quanti libri - per quanto pochi - sono stati scritti su di lui. Perché l'autrice ne fa un ritratto a tutto tondo pescando nei documenti fino a noi pervenuti e nelle testimonianze di chi lo ha conosciuto. Lo fa, peraltro, con quella marcia in più che le dà il fatto di essere prossima, geograficamente e culturalmente, a Trieste per essere nata a Udine. Il che non è secondario per entrare in certi dettagli, anche se la figura di Bazlen, il suo personaggio, non può non suscitare la curiosità di chiunque si muova nel campo delle lettere e della editoria.
Immaginate un uomo che, a parte un romanzo, per altro incompiuto, scritti sparsi, molte lettere e poco altro, non abbia scritto né mai pubblicato nulla, ma la cui personalità e influenza sia stata determinante nella formazione della cultura italiana del Novecento. Il suo merito, quello di aver fatto conoscere e tradurre autori e titoli fondamentali, sconosciuti ai più in Italia fino al suo intervento. E parliamo di Sigmund Freud, Franz Kafka, Robert Musil, Carl Gustav Jung e tanti altri, alcuni tradotti da egli stesso. Non solo, un uomo anche al quale si deve l'ideazione e la partecipazione alla fondazione di alcune case editrici tuttora più che attive come la Ubaldini, nel campo della psicanalisi e delle religioni orientali alle quali Bazlen era particolarmente interessato, e soprattutto l'Adelphi, che lo vede compagno fin dai primi passi di Luciano Foà, imbarcando nell'avventura un giovanissimo Roberto Calasso. Né è da trascurare la collaborazione che per anni ebbe con la casa editrice Einaudi.
Ma questo è un po', se vogliamo, il suo profilo esterno. Entrare invece nelle pieghe della sua vita, della sua anima, è un'altra cosa, basata com'è su dettagli anche minimi che Cristina Battocletti ha saputo cogliere e raccontare. Così da farci entrare nei suoi rapporti famigliari e sentimentali (uno su tutti quello con Ljuba) e quindi con le tante personalità che Bobi Bazlen ha frequentato anche intimamente come Umberto Saba e sua figlia Linuccia, del quale è stato anche fidanzato, di Svevo, che Bazlen ha contribuito a far conoscere parlandone a Montale che poi ne ha scritto togliendolo dall'anonimato, del suo grande amico Quarantotti Gambini e Giacomo Debenedetti, Adriano Olivetti, Giani Stuparich, senza trascurare l'importante amicizia e scoperta di Stelio Mattioni, con il quale fu in contatto negli ultimi quattro anni di vita. Ma, oltre ad essi, anche con i grandi pionieri della psicanalisi in Italia come Edoardo Weiss ed Ernst Bernhard e quindi Cesare Musatti. Cristina Battocletti segue il suo personaggio lungo i luoghi, le case, le persone che ha frequentato, attraverso un racconto avvincente, tanto leggero nella scrittura (si legge d'un fiato a dispetto delle quasi 400 pagine) quanto intenso e profondo e narrativamente sagace, da restituire al lettore un personaggio a tutto tondo, che ben si accosta, seppur con intenti diversi, a quello che Daniele Del Giudice ricercò - proprio sulle orme di Bobi Bazlen - nel suo romanzo "Lo stadio di Wimbleton".
Il libro ha per sottotitolo "L'ombra di Trieste" che ha in sé un duplice significato. Il primo riguarda il fatto che Bobi Bazlen è nato a Trieste, nel 1902, da padre tedesco di religione luterana, che perse giovanissimo, e da madre triestina di religione ebrea. A Trieste è cresciuto, respirando l'atmosfera della città, porto principale dell'Impero austroungarico al quale allora apparteneva: un crocevia di razze, religioni e lingue, le quali ultime Bazlen prese a parlare e leggere con la stessa dimestichezza dell'italiano, se non meglio, almeno, il tedesco. Deve anche a questo, oltre all'amore per la lettura e i libri, le sue straordinarie scoperte prima di chiunque altro in Italia. Il secondo significato di quel sottotitolo consiste invece nel fatto che, fuggito dal capoluogo giuliano quasi per disintossicarsi, lui figlio unico e orfano di padre, dalle pressanti attenzioni della madre e anche dall'asfissia di un certo ambiente, mai più vi fece ritorno - se non in incognito per due giorni - seppur sempre con la mente e il cuore rivolto lì.