PER LA CRITICA

Prefazione al libro di Carmen Petrocelli

PARADE DI ERIK SATIE. J'INVENTE LA FORME À PARTIR DE ZÉRO

di Marcello Carlino

È nel vivo di una ricerca e di una sperimentazione, quali forse non hanno pari nella storia della cultura del Novecento e di sicuro distano le mille miglia dalla mefitica stagnazione di questi inizi del nuovo millennio, che nasce l'esperienza di Parade.

Il ruolo coautoriale di Picasso e di Cocteau, in un'opera sinestetica per genesi ed elezione, corrobora ed esalta la talentuosa innovazione musicale di cui è capace Satie. Il rapporto tra musica colta e musica popolare - che si coglie nello stesso Stravinskij e che appartiene, in parallelo, anche agli ambiti della pittura del periodo -, la disponibilità di elementi convenzionalmente extramusicali in una composizione contraddistinta da un assoluto rigore, la tensione ad alta energia produttiva tra le sollecitazioni o le "improvvisazioni" del caso e il richiamo ripetuto ad un ordine strutturale, il testo nella sua coerenza definita e nei suoi spiragli d'apertura, di "fuga": tutto ciò è proprio della partitura di Parade realizzatada Satie.

Suzanne Valadon, Ritratto di Erik Satie
E Satie, nella sua scelta di prossimità all'avanguardia - per un futurismo ma epurato di ideologie superomistiche e di mitologie modernolatriche, per un dadaismo poiché latore di una libertà individuale insofferente di schemi e di costrittivi schieramenti pugnaci, per i preannunci surrealisti annotati da Apollinaire - sa mettere in gioco, così, in simultanea, l'ironia e la logica della decostruzione e della frammentazione, nonché il principio regolativo del montaggio e il ricalcolo della filosofia dello spazio prestata alla sequenza musicale che la interiorizza (e qui concorre la lezione di Diaghilev e dei Balletti Russi), in aggiunta alla clairté di premessa alla musica-ambiente, la clairté che può leggersi come costituiva della cultura francese.

Il risultato è di strabiliante interesse. Parade, un'opera "cubista" per quadri di rappresentazione in dialogo con le figure del circo, esprime in pieno la genialità di Satie, mentre appare un condensato di quel tanto che bolliva in pentola cent'anni fa, nel 1917, quando fu battezzata e quando l'avanguardia, nella stagione del suo apparente crepuscolo, preparava tuttavia, a Parigi, l'inaugurazione di una nuova primavera, in cui il confronto con la tradizione sarebbe stato ricco di apporti dialettici, generoso di suggerimenti operativi dallo speciale rilievo.

Di questo fruttuosissimo concorso di fattori, facendo centro su Satie di Parade, Carmen Petrocelli offre una descrizione documentata e puntuale, presenta un bilancio chiaro e grandemente utile. La sua analisi della partitura dell'opera del 1917, in particolare, si segnala per precisione ed acutezza, per l'attenzione all'ordito sinestetico, del quale è parte decisiva, per l'abbondanza dei frutti interpretativi che se ne ottengono.

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