
LA CORSA RAGAZZINA
di Maria Rosato

La corsa ragazzina racconta una storia fatata, scritta con un linguaggio poetico essenziale che ne avvalora l'eccezionalità. Nessuna persona è inventata, qualcuna ha un nome di fantasia, qualche altra il suo vero nome e cognome. E tutti i fatti narrati sono realmente accaduti.
Il romanzo è l'acquaforte di un paesaggio di figure che si è inciso fortemente nel pensiero e nella vita dell'autrice. Vi sono impressi i maestri della scuola di Tendenza milanese, prima dell'irruzione della scuola romana nella Facoltà di Architettura di Pescara, e il loro decisivo apporto a una conoscenza reale e profonda del cinema, della musica e della letteratura puramente descrittivi, d'autore.
"Quasi a sentire quanto l'essere donna dia da ricacciare lontano il frequentare le forme e il badare a esse, ella, vigile e attenta, si fa allora ombra del cercatore di soglie, di soglie "di case, di chiese e di templi" e, là dove sono state portate via, di tracce di soglie, di "salti di colore", "di resti di legno"."
A poco a poco, la giovane Nancy, o Natalia che dir si voglia, fa suoi quegli autori che cercano di rintracciare puramente l'interiorità del fuori, o doublure, ossia che, cercando di lambire con precisione d'osservazione la realtà, sono riusciti a scorgere che le cose stesse hanno una prospettiva e che essa va rispettata.
Il romanzo si apre con una prosa poetica di un sequence shot (o piano sequenza) dello sguardo della giovane Nancy, al risveglio, in una camera da letto di un palazzo nobiliare di Venezia, sul suo giovanissimo amante Andrea, che si muove nudo per angoli di stanza.
Le prose poetiche che affiorano, di tanto in tanto, nel manoscritto sono pezzi di sensuale purezza inchiostrati su carta dalla mano di Nancy al tempo in cui era dentro quella fiaba, che ha avuto "la pasta dei sogni" da subito, non solo per la location, "festa esclusiva di vernice per la 6. Mostra Internazionale di Architettura a Venezia, caduta nel mese di settembre, anno 1996", ma anche per quanto accadde: "la corsa ragazzina".
È una storia d'amore immediatamente liberata dalle classiche catene dell'amore.
"In cuor suo Nancy davvero non osa chiedere di più, ha contezza della rarità di ciò che le sta accadendo lì, a Venezia tra l'altro, e usa tutte le accortezze per non far danni. Tratta ogni momento insieme ad Andrea con il massimo riguardo; sa della svolta improvvisa che gli attimi di felicità possono avere: decadere o annullarsi del tutto. Perché mai rompere quell'equilibrio con le banali richieste dell'amore unico, geloso ed esclusivo?"
Come le ance del mantice di una fisarmonica, Nancy e Andrea corrono l'uno incontro all'altra e l'una dall'altro sgusciano via. Per natura e per cultura preferiscono sottrarsi, volar via, sfarfalleggiare, volare ancora. Trattengono la realtà con delicatezza. Hanno un entusiasmo bambino, ma soprattutto e per ragioni diverse, un pensiero sincero, privo di finalità. Nancy lo persegue a partire dai suoi studi che la orientano verso i maestri dell'indugio senz'ansia di determinazione (Mies Handke Antonioni Ozu Cage).
Andrea invece è per istinto che lo ricerca quel modo di stare al mondo, a partire dalla sua educazione, che ha fatto di lui una persona piena di presenza, con la massima attenzione al gesto e alla parola, sempre assonante, mai fuori luogo.
Che in fondo la nobiltà da questo si vede!
L'uomo che approda a una dimensione superiore non si preoccupa più delle cose che non lo riguardano, riguardandolo solo le cose - e quante! - che non lo preoccupano più.
Ed è Venezia colei che è destinata a rivelare questa topologia emozionale dell'essere presenti l'uno all'altra e l'uno dall'altra in fuga, lanciati verso il loro io ideale, in fuga da loro.