Divieto di sosta "per i tipi" 

di Nino Aragno Editore

POESIE DI LUIGI BALLERINI

laudato sie, mi Signore cum tucte le Tue creature

tutti ex di qualcosa: dicì, pcì, piesseì, o anche di

lotta continua e potere operaio, e proprio adesso

che l'uomo - che sempre meno assomiglia al suo

fattore - gli oggetti se li fa costruire dai robot. Ex

amanti, ex fuoriusciti, ex piduisti, et spetialmente

ex messer lo frate sole, immerso in un grigiore

costipato, invalicabile, aggredito dalle volpi del

disprezzo, dal fetore agevolato di una lingua senza

traguardo. Per fortuna ci sei tu disonesta liturgia

di televendite e inadeguati tormenti, asperges

che ci sottoponi al vaglio di carezze inaccettabili

e ci copri di pan grattato, per farci rosolare in una salsa

ipostatica, post-hegeliana, e ci allontani dalle gomitate

di ogni mutevole astio, da ogni sirena di fine giornata

chaplinesca

se qualcosa conta, oggi, è l'idea dell'ubi consistam,

del vestito chiaro, la mattina, fumo di Londra la sera,

e magari, per cena, lo smoking, come nei film muti, dove

andirivieni è lo stesso che non ancora, e uno dei pugili

è nascosto dietro l'arbitro, mentre l'avversario che lo cerca

per cazzottarlo, gli sta di fronte, e allunga il collo e tutti

e tre si muovono all'unisono, un po' a destra e un po'

a sinistra, fino a quando i contendenti fanno un mezzo

giro, e le loro posizioni, diametralmente rovesciate, ora

le sostiene un forte con brio, un tripudio di agilità e paura,

di grafica e occultismo per cui il riso rifiorisce sulle labbra

dei neofiti, dei vedovi, dei divorziati, e degli schiavi addetti

ai lavori agricoli pesanti dai quali, scrive Thomas Jefferson,

si devono sempre escludere le donne, i vecchi e i bambini

omaggio a Ezra Pound

io dò ragione a Pound quando scrive che uno stato

se sostiene di non avere i soldi per costruire strade

è come se dicesse di non poterle fare per mancanza

di chilometri. E lascio dir li stolti, che ferman sua

oppinïone prima ch'arte o ragion per lor s'ascolti.

S'intendono meglio d'inverno le grida incenerite

di chi non si dà pace, conta ogni gradino, e procede

sulla via di Damasco, perseguitato dalle ali spiegate

di un disegno redentivo: se aumento rimandi a digiuno,

e letargo a voglia di scommessa, a crimine premeditato,

o, faute de mieux, a equazione fraudolenta di reddito

e finanza. Ancora di più gli dò ragione se come acqua

mischiata di bella neve sollecita anime intorpidite

da un'illibata pulsione di morte all'onere di un ferma

immagine, di un plusvalore impervio, lungamente

atteso e rapinato, che manda secondo ch'avvinghia

aubade

siamo in pieno dibattito, ci dibattiamo e ce la battiamo

non sapendo dove sbattere la testa, non per le armonie,

le astuzie, i passi felpati che abbiamo tollerato dicendo

non è niente, ma per il premuroso inquinarsi delle prove,

il lento tripudio di un lavoro che sparisce, l'orgoglio

riposto in altrui mani. Pane? Sì: un tesoro morbido e così

croccante, che perfino i vasi di terracotta in viaggio

tra vasi di ferro lo vogliono di farina senza crusca. Nein.

Proibito? Ancora pochi giorni. Ma tu al fornaio gli dici

che ti mando io, che i soldi li tieni. E vai presto, appena

che, figlia di luce, vedi brillar l'Aurora dita rosate.

Sotto sguardi munifici, calamitosi e ruffiani si profilano

eroismi adibiti a occultamento, a sagre di paese: una legge

dura oltre il crollo del regime che l'ha imposta, che ne ha

cercato le cause nei meati di una profilassi impertinente,

incline agl'insulti, nel gonfiore incalzante di una teoria

degli insiemi. Esempio di equilibrio commisurato alla trama,

al carcere che l'accoglie e protegge: cavalli più morti che

vivi tirano controcorrente barconi carichi di sabbia. Oltre

l'alzaia, sotto l'ala di un dio che non dice e non tace, ma

sparge effetti ineluttabili di senso, sbocciano a grappoli

i corvi bianchi, di una nuovissima stregoneria: i tuoi

paracaduti, Leonardo, che fanno venire la pelle d'oca

17 settembre

non fosse stato per la wermacht avrei cucito e scucito,

ricucito, tagliato e ridefinito, messo in discussione, trattato

ad nauseam ciò che dalla vita può aspettarsi un manovale,

un operaio specializzato e perfino un caporeparto

avrei coltivato ritrosie da orgoglio e da vergogna, e mai

mi sarei lasciato intortare dalla promessa di una carriera intesa

non al fare, ma all'orchestrazione e alla vendita di ciò che

viene fatto. Preso a sassate, avrei reagito a male parole.

Non fosse stato per Via col vento, per l'accorato stupore

di quel "Frankly, my dear, I don't give a damn", avrei pagato

con anni di prigionia l'illusione che un amore potesse nascere

da un ascolto, una sintesi dalla decadenza degli intrecci.

Avrei tradotto in bilico e divieto di sosta, gli esigui vantaggi

di una morte a credito, di un sotterfugio inseguito dagli sguardi

di una sconvolgente appartenenza: in questa fuga di notizie mi

sarei dissolto, pregustando il sapore di un'antica umiliazione

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