
WILLIAM SHAKESPEARE
ERA ITALIANO?
di C. Sangiglio

1.
Non è affatto improbabile che sussista, al pari della "questione omerica" anche una "questione shakespeariana"!
Molte biografie sino ad oggi hanno visto la luce, moltissimi articoli e saggi sono stati pubblicati, diverse teorie sono state elaborate in relazione all'identità di questo poeta e drammaturgo, autore di 36 capolavori del teatro, un vero e proprio emblema e vanto della letteratura inglese.
Finalmente, però, Shakespeare, chi era costui?, come direbbe qualcuno che conosciamo.
Dopo tutto, i soli elementi noti che possediamo e riguardano un William Shakespeare, tranne che fosse il figlio di John Shakespeare e di Mary Arden, di religione cattolica, sono:
a) la data di battesimo, il 26 aprile 1564, di un "Gulielmus Johannes Shakespeare [NB. Non esiste una data di nascita, sì che, come ci risulta, a posteriori è stata "fissata" come data di nascita il 23 aprile 1564 senza che nessuno sappia chi ne è l'ispiratore o l'autore e perchè proprio il 23.4.: forse per analogia (!) con la data della sua morte - 23.4.1616 - o forse perchè il 23 aprile è la festa di San Giorgio, patrono dell'Inghilterra(!)];
b) la data del matrimonio, il 27 novembre 1582, "inter William Shaxpere et Hannam Whateley de Temple Grafton", anche qui con la solita imprecisione in merito al nome, visto che in realtà il nome della moglie di W.S. era Anne Hathaway;
c) questo risulta appunto il nome e cognome di quest'ultima quando decedette il 6 agosto 1623: quindi in contrasto con quello del matrimonio!;
d) la data di battesimo, il 26 maggio 1583, di Susan, prima figlia di W.S.;
e) la data di battesimo, il 2 febbraio 1585, dei gemelli "Hamnet and Judeth, son and daugther to W.S.";
f) infine, un documento del 1589 (ignoro di quale valore giuridico o/e amministrativo) nel quale William appare come erede di John e Mary Shakespeare ed alcuni altri documenti miscellanei privi di qualche valore indicativo e chiarificante.
Come è evidente, dunque, si tratta di elementi che non rivelano, non dichiarano e non spiegano assolutamente nulla su chi in effetti fosse e non fosse W.S., quale insomma la sua presenza sulla terra.
E poi esiste un dato di fatto che a me pare assai interessante, per quanto in prosieguo verrà esposto: gli stessi inglesi dicono, ammettono, che la madre di W.S. fosse cattolica.
Ma una cattolica (da sola? con una famiglia?: nessuna sa nulla) come era capitata in una così ristretta società protestante come quella che doveva esservi a Stratford nella prima metà del 1500?! In un paese dove i pochi o numerosi cittadini di altre nazionalità erano anch'essi protestanti rifugiàtisi lì per salvarsi dalla cattolica Inquisizione, una donna cattolica doveva essere come la mosca in un bicchiere di latte! Già però questo elemento della "cattolicità" della madre non appare alquanto sospetto?
Certo, con simili dati e solo con simili "tangibili" dati nessuno può e ha il diritto di asserire che si tratti di William Shakespeare, il grande trageda del XVI secolo in Europa. D'altronde anche le biografie dell'"inglese" W.S. non offrono nulla o quasi nulla di sostanziale e assolutamente accertato e accertabile per ciò che concerne chi esattamente fosse questo scrittore che "dicono" essere nato il 23.4.1564 a Stratford-upon-Avon, dove abbia vissuto, dove e se abbia studiato e cosa abbia studiato, quali siano state le, sia pure pochissime, condizioni e situazioni di vita che abbiano segnato la sua opera e le sue impareggiabili cognizioni.
La sua biografia "inglese", tranne le molte "avventurose" circostanze, totalmente indimostrabili, episodi abbelliti o drammatizzati senza prova alcuna e congegnati solo per creare impressioni e ammirazione, viene a dirci in sostanza: "Tutto quello che conosciamo di William Shakespeare è che è nato nell'aprile 1564 a Stratford-upon-Avon, cittadina del Warwickshire, a nord-ovest di Londra, lì si è sposato all'età di 18 anni, nel novembre 1582, con Anne Hathaway, ha avuto tre figli, Susan e i gemelli Hamnet e Judhit, è andato a Londra dove ha lavorato come attore, ha scritto opere poetiche e teatrali, è tornato a Stratford, ha redatto il proprio testamento, è morto nel 1616 all'età di 52 anni e lì è stato seppellito" - tutto ciò infiorettato con molti elementi soi-disant "biografici" e varie "imbottiture" che però nessuno è in grado di verificare e identificare, creando di conseguenza una cornice entro la quale la figura del Bardo permane sommamente fluida e inafferrabile.
Ove si voglia però essere più chiari, allora occorre dire che in questa già di per sè "ombra di biografia" è come se dal 1564 al 1582 non abbia vissuto nessun Shakespeare! Egli compare poi nel 1582 quando (dicono) si sposa ed "esiste" fino al 1585, ovvero negli anni (dicono) di battesimo (non di nascita!) dei suoi (dicono) tre figli. Di seguito, nuovamente non esiste nessun Shakespeare dal 1585 al 1592, quando ricompare ormai famoso attore e scrittore teatrale! A conti fatti, quindi, nessun W.S. esiste proprio negli anni della più importante formazione scolastica e nei primi anni formativi della creazione letteraria! Molto strano, per essere una semplice coincidenza.
A questo punto non dimentichiamo il particolare di un Michelangelo Florio Crollalanza venuto a stabilirsi in Inghilterra nel 1588 e poco dopo divenuto William Shakespeare, come vedremo più sotto.
Pertanto, non conosciamo quasi nulla per molti anni della sua (dicono) esistenza e parimenti nulla sussiste che colleghi la sua vita e in particolare la sua opera con il suo luogo natale, questo Stratford che, in quei tempi, non doveva essere null'altro che un insignificante borgo della campagna inglese. Questa inesistenza di rapporti non sembra quindi assai insolita, per non dire incomprensibile? E ciò perchè nella storia dell'arte e delle lettere non esiste autore che, in un modo e nell'altro, poco o molto, non abbia collegato la propria opera, o parte di essa, al luogo di nascita, e non ne abbia parlato, in bene o in male, o semplicemente se ne sia riferito sia pure a mo' di citazione. Presso Shakespeare invece una simile "connessione" è provatamente irriscontrabile! E la cosa più seria è che non esiste nè è stata trovata alcuna logica spiegazione di tale "originalità"!
Un riferimento indiretto, anch'esso negativo, a William Shakespeare scopriamo nel 1592 in un pamphlet di Robert Greene, importante prosatore dell'età elisabettiana, suo avversario o rivale, dal titolo A Groath's Worth of Wit bought with a Million repentance (Una monetina di spirito comprata con un milione di pentimento), noto anche come A Groathworth of With, nel quale Greene con pesanti espressioni accusa Shakespeare di arrivismo: "Non sembra strano che voi ed io, ai quali finora tutti si sono inchinati, all'improvviso dobbiamo vederci così abbandonati? Un villano corvo, fàttosi bello con le nostre penne, con il suo cuore di tigre rivestito con la pelle di un attore, crede di essere capace di dar voce a versi sciolti come fosse il migliore di voi e nulla di più essendo che un Johannes factotum crede di essere l'unico scuoti-scena ("Shake-scene") di tutto il paese", dove chiaramente è indicato Shakespeare (= Shake-scene) anche per la citazione di un verso ("Cuor di tigre") dall'Enrico VI.

2.
Accostiamoci adesso ad un'altra versione sul tema della reale esistenza del nominato William Shakespeare, anche in relazione alla sua opera.
Sin dal 1927 il giornalista Santo Paladino, a Roma, in un suo articolo al giornale L'Impero il 4 febbraio dal titolo "Il grande poeta tragico Shakespeare era forse italiano" scrive che Shakespeare era Michelangelo o Michel Agnolo Florio, figlio di Giovanni Florio e di Guglielmina Crollalanza, quello stesso Michelangelo Florio Crollalanza, di fede calvinista, un libro del quale, dal titolo I secondi frutti, scritto verso la fine del XVI secolo, apparve in Italia, contenente proverbi della Sicilia e specialmente di Messina, molti dei quali si sono trovati più tardi nell'Amleto di Shakespeare!
La teoria dell'"italianità" di Shakespeare ritornò sulla scena il 1950 ad opera di Enrico Besta, professore di Storia del Diritto Italiano alle Università di Palermo, senza tuttavia alcun interessante seguito o esito, come pure avvenne con le proposte negli stessi anni '50 di Carlo Villa e, alcuni anni prima, di Paolo Viganò e Luigi Bellotti, che esprimevano, in maniera un po' paradossale, è vero, logiche perplessità sulla nazionalità di Shakespeare e assicurazioni sulla realtà del nome italiano.
Negli stessi anni '50, esattamente nel 1955, il medesimo Paladino nel libro Un italiano autore delle opere shakespeariane confermò l'idea di un Michelangelo Florio autore delle opere attribuite a William Shakespeare, precisando che tali opere scritte in italiano, erano tradotte in inglese in collaborazione con l'attore William Shakespeare, il quale diventò così quasi prestanome o coautore.
L'8 aprile 2000 nei The Times di Londra fu pubblicato un articolo di Eichard Owen il quale, in rapporto agli studi di un college inglese e del professore italiano Martino Iuvara, riferisce che William Shakespeare deve essere nato a Messina in Sicilia, città che fu costretto ad abbandonare poi per stabilirsi in Inghilterra fuggendo alle ricerche della Sacra Inquisizione (in quell'epoca - 1530/1600 - la Sicilia si trovava sotto occupazione spagnola) che minacciava la vita dei suoi genitori, convinti calvinisti. A Stratford-upon-Avon, dove si fermò, cambiò il proprio cognome da (Michelangerlo Florio) Crollalanza nell' inglese Shakespeare,1 mentre il nome lo derivò dal nome di un suo cugino (figlio di un fratello di sua madre da tempo stabilitosi in Inghilterra) morto prematuramente e chiamato William.2
Una seconda versione considera che il nome di William altro non è che la esatta traduzione inglese del nome della madre, appunto Guglielma. È comunque così che è "nato" William Shakespeare.
L'articolo del The Times continua: "Il segreto del come e perchè William Shakespeare conoscesse così bene l'Italia e "abbia messo" tanta Italia nelle sue opere lo ha risolto un accademico siciliano: il fatto è che W.S. non è per nulla Inglese, ma Italiano. Le biografie del Bardo convengono sul fatto che sussistono moltissimi vuoti (voragini) relativamente alla sua esistenza(...) Il professor Martino Iuvara sostiene che Shakespeare era Siciliano, nato a Messina come Michelangelo Florio Crollalanza, si rifugiò a Londra a causa della Sacra Inquisizione essendo di fede calvinista e lì tramutò il proprio nome nel perfetto corrispondente inglese".
Peraltro, l'interpretazione di Iuvara esprime una versione assolutamente obbiettiva, di sicuro molto più circostanziata e del tutto differente da quella, non poco romanzesca, delle versioni britanniche. La Sacra Inquisizione si trovava sulle tracce del medico Giovanni Florio e di sua moglie Guglielmina Crollalanza, figlia di una famiglia nobile di Messina, entrambi calvinisti, ossia "eretici" nell'intendimento delle inquirenti autorità ecclesiastiche spagnole. Così, insieme col figlio Michelangelo o Michel Agnolo abbandonarono Messina e si stabilirono a Treviso, non lontano da Venezia, dove acquistarono (o affittarono) la Casa Otello, costruita da un nobile veneziano di nome Otello, sul conto del quale circolavano voci secondo cui egli, accecato dalla gelosia, aveva ucciso la propria consorte.
I The Times: "Michelangelo studiò a Venezia, a Padova e a Mantova e viaggiò in Danimarca, Grecia, Spagna e Austria. Era amico del filosofo e monaco Giordano Bruno che nel 1600, condannato quale eretico dalla Sacra Inquisizione, morì a Roma sul rogo. G. Bruno disponeva di cospicui collegamenti con l'Inghilterra, come William Herbert, conte di Pembroke, e il conte di Southampton. Il 1588, all'età di 24 anni, Michelangelo trova rifugio in Inghilterra dopo che sicari Spagnoli avevano assassinato i suoi genitori". In Inghilterra Michelangelo gode della protezione dei due nobili, e addirittura più tardi dedicherà al conte di Southampton due opere poetiche, Venus and Adonis e The Rape of Lucrece. Risiede nell'abitazione di un parente della madre Crollalanza il quale già da tempo aveva mutato il proprio cognome in Shakespeare. Un figlio di costui, di nome William, era morto ancora neonato.
Questa è la "versione Iuvara". Nondimeno, non è l'unica, giacchè nella stessa Inghilterra e nel medesimo anno gli studenti del Port Arthur Collegiate Institute non hanno nessuna difficoltà a discutere e in certo modo indirettamente avallare l'esistenza di un'idea che molto dista dalle ufficiali convinzioni e concezioni inglesi e che introduce un'interpretazione la quale totalmente annulla la maggiore "istituzione letteraria" inglese nella persona di William Shakespeare, forse perchè la versione Iuvara, in connessione con la sostanziale inesistenza di "sostegni" inglesi assolutamente probanti, appare obbedire ad una logica assai convincente e verosimile, più prossima a verità.
Con il titolo: "Shakespeare was Italian? - To be believed or not?" il testo degli studenti si esprime come segue, in gran parte riflettendo la teoria Iuvara forse perchè considera che la stessa non sia da rigettare:
"This question was asked of as students at Port Arthur Collegiate Institute as part of our English lessons.
Is Shakespeare, as a displanted Italian supposed to explain the many Italian plays, characters with Italian names, and references?
It has been suggested that he was actually born in Messina, Sicily, not too far from Simbario, Catanzaro, as Michelangelo Florio Crollalanza. His parents were not John Shakespeare and Mary Arden, but were Giovanni Florio, a doctor, and Guglielma Crollalanza, a Sicilian noble woman.
Does this perhaps begin to explain that many of the plays feature Italy and/or Italian names, such as:
Romeo and Juliet
Othello
Two Gentlemen of Verona
A Midsummer Night's Dream
The Merchant of Venice
Much Ado about Nothing
The Taming of the Shrew
All's Well that Ends Well
Measure for Measure
Julius Caesar
The Winter's Tale
The Tempest
It is rather impressive that Italy and Italian names are so widespread in Shakespeare. It makes you wonder?
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A professor in Italy claims that Shakespeare was Italian from Messina Italy.
The Times of London, April 8th, 2000, reported that Martino Iuvara, a retired literature teacher, believes Shakespeare was actually Michelangelo Florio Crollalanza, who escaped to England during the Inquisition.
Shakespeare is supposedly the literal translation of Crollalanza.
Some details of Crollalanza's life are eerily close to the characters and places that occupy Shakespeare's plays and might explain the predominance of Italian names and places in many of Shakespeare's plays.
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In another write up the author, Amanda Mabillard writes the following:
"Retired Sicilian professor Martino Iuvara claims that Shakespeare was, in fact, not English at all, but Italian. His conclusion is drawn from research carried out from 1925 to 1950 by two professors at Palermo University. Iuvara mposits that Shakespeare was born in Stratford in April 1564, as is commonly believed, but actually was born in Messina as Michelangelo Florio Crollalanza. His parents were not John Shakespeare and Mary Arden, but Giovanni Florio, a doctor, and Guglielma Crollalanza, a Sicilian noblewoman. The family supposedly fled Italy during the Holy Inquisition and moved to London. It was in London that Michelangelo Florio Crollalanza decided to change his name to its English equivalent. Crollalanza apparently translates literally as "Shakespeare". Iuvara goes on nbto claim that Shakespeare studied abroad and was educated by Franciscan monks who taugt him Latin. Greek and History. He also claims that while Shakespeare (or nyoung Crollalanza) was traveling through Europe he fell in love with a 16-year-old girl named Giulietta. But sadly, family members opposed the union, and Giulietta committed suicide..."
She goes on to write, "Granted, the above similarities between Michelangelo Florio Crollalanza and Shakespeare are intriguing, but for now I remain unconvinced".
The question was posed to us as student at Port Arthur Collegiate Institute as part of our English exam questions, and it appears the internet will hopefully bring to light some of the details surrounding the origins of these plays."
D' altra parte il prof. Iuvara completa il proprio pensiero con molti altri elementi conoscitivi che danno impulso a logici nessi e riscontri di una corretta riflessione. Così egli si chiede: come può il figlio di un guantaio, come la storia vuol farci credere, disporre di quelle amplissime cognizioni della letteratura classica che Shakespeare dimostrò di possedere? Come avrebbe potuto un poeta inglese di quell'epoca descrivere così fedelmente luoghi, paesaggi e persone italiane come in effetti riscontriamo, nè più nè meno, in ben 15 delle 36 opere dell'immenso Shakespeare? E perchè la sua biblioteca personale non è mai stata posta a disposizione dei suoi biografi e degli studiosi?
Esistono documenti che dimostrano che Michelangelo Crollalanza era figlio di Giovanni Florio3 e di Guglielmina Crollalanza ed è nato a Messina il 1564. Ha imparato il latino, il greco antico e storia nella scuola dei Francescani. All'età di 15 anni fu costretto a partire insieme alla famiglia per andare nel Veneto, nell'Italia del nord, a causa della fede calvinista dei suoi genitori, che la Sacra Inquisizione aveva condannato al rogo perchè suo padre aveva pubblicato delle accuse alla Chiesa Cattolica. Conobbe e s'innamorò di una giovane di nome Giulietta, rapita dal Governatore e poi morta suicida. Quanto alla lingua, le sue prime opere, dopo che si era stabilito in Inghilterra, venivano tradotte in inglese prima di essere presentate sulla scena del teatro di legno "The Globe". Successivamente, era sua moglie inglese che si occupava delle traduzioni, mentre i suoi stessi biografi dell'epoca riscontravano in Shakespeare una pronuncia chiaramente straniera.
E il prof. Iuvara conclude: "Credo che nessuno mai in Inghilterra ha avuto il coraggio di rendere pubblica la biblioteca personale di Shakespeare. In essa potremmo conoscere la sua vera identità. Certo, capisco la reazione degli Inglesi. È come se all'improvviso qualcuno dicesse a noi, ad esempio, che Dante era in realtà spagnolo!"
La teoria del professor Iuvara fu pubblicata in Italia in volume col titolo "Shakespeare era italiano".4
A queste riflessioni che invero non sembrano essere affatto peregrine, tra il XIX e il XX secolo diverse ipotesi furono avanzate circa una identità di persona tra William Shakespeare e John o Giovanni Florio. Così, a seguito di tali esegesi sembrerebbe essersi generata una combinazione o promiscuità tra Michelangelo Florio e Giovanni Florio, nella quale ovviamente si confonde anche l'elemento temporale trattandosi di due personaggi, comunque vengano collocati, vissuti in archi di tempo chiaramente diversi.
Entro queste linee direttive, in ogni modo, verso la fine del 1800 Thomas Spencer Baynes, curatore della IX edizione della Enciclopedia Britannica evidenziò in maniera esauriente i rapporti intercorsi tra un Shakespeare e un Giovanni Florio, linguista di origine italiana.
Il testo di Baynes - val la pena di rilevare - fu del tutto eliminato a partire dalla XI edizione dell'Enciclopedia! Strano?
A parte tutto, comunque, la presenza in Inghilterra di John Florio è documentata dalle ricerche di John Harding sulle relazioni Florio-Shakespeare. A proposito, questo studioso affermava (e ne danno conferma la figlia Julie Harding e il prosatore Saul Gerevini, autore del saggio William Shakespeare, ovvero John Florio: un fiorentino alla cinquista del mondo) che intorno al 1584 Florio firmava con lo pseudonimo "John Soowthern", ossia "Giovanni che viene dal sud", piuttosto dal sud dell'Italia!
Più tardi (1921) la statunitense Clara Longworth de Chambrum e la britannica Frances Yates (1934) si soffermarono su questa ipotizzata ma mai chiarita "coesistenza" e perfino "identità" tra un Shakespeare inglese e un Florio italiano.
L'interconnessione tra Michelangelo e Giovanni Florio viene "rivisitata" nel 2010 dal docente presso l'Università di Montreal, Lamberto Tassinari: "Semplicemente fanno finta di non vedere che John Florio è l'autore delle opere di Shakespeare! Florio ha dato a Shakespeare così numerose parole, idee e conoscenze che debitore e creditore sono diventati uno"(intervista di L. Tassinari in www.bibliosofia.net/MichaelMirolla_interviewInteressante è anche www.shakespeareandflorio.net
Lo stesso Tassinari comunque due anni prima(2008) aveva provveduto a rendere note nel migliore dei modi le sue ricerche pubblicando il libro Shakespeare? È il nome d'arte di John Florio. Vale la pena, credo, riportare alcune considerazioni espresse nel predetto volume: " Il 'William Shakespeare', gestore di una compagnia teatrale e uomo d'affari poco scrupoloso, dedito persino all'usura, nato in una famiglia di semianalfabeti e a sua volta genitore di figli incolti, vissuto in un ambiente ineducato e grezzo, e autore, questa volta accertato, di un testamento sgrammaticato, sarebbe, secondo gli scettici, un puro prestanome dietro il quale si celerebbe qualcuno dalla mente superiore e dalle esperienze culturali e di vita ben altrimenti più ricche"
3.
Un altro scrittore e studioso italiano, Oreste Palomara,5 proseguendo sul cammino di Martino Iuvara, formula altri elementi che integrano il puzzle della presenza del drammaturgo "italo-inglese". Palomara esamina le posteriori costruzioni biografiche e apprende che egli era il terzo di otto figli di John Shakespeare. William Shakespeare però dappertutto in Inghilterra compare già adulto, affermato poeta e scrittore drammatico, anche se egli stesso cerca, piuttosto ingiustificatamente a ben pensarci, di accentuare un alone di mistero intorno a sè, come se volesse nascondersi dietro di esso.
Un simile comportamento veniva forse tenuto per non farsi molto probabilmente individuare dai suoi persecutori i quali, già alcuni anni prima, avevano eliminato suo padre Giovanni Florio e sua madre Guglielma Crollalanza in Italia e stavano cercando anche lui? A parte il fatto poi che non esiste da nessuna parte nessun ricordo o traccia degli altri (ben) sette fratelli: come se non fossero mai esistiti!
Il mistero diventa più denso con la presenza di alcuni altri particolari che non sembrano essere tanto insignificanti, e cioè:
a) nei registri della scuola secondaria a Stratford non esiste nessuno con il nome di Shakespeare;
b) nel 1603 il nome di Shakespeare sparisce dai registri degli attori, forse per far perdere qualsiasi traccia che potrebbe aiutare i suoi persecutori della Sacra Inquisizione6;
c) sappiamo che William Shakespeare frequentava a Londra un Club In. In questo Club In non risulta nessun membro con questo nome. Esiste però scritto il nome di Michelangelo Florio.
Ora, indipendentemente da tutti gli elementi sin qui esaminati, elementi che dimostrano situazioni personali ed obbiettivi criteri di conoscenza che nessuno può disconoscere o rifiutare acriticamente, esistono altresì altri dati il riconoscimento dei quali non deve considerarsi per nulla nè irrilevante nè superfluo.
I drammi di Shakespeare rivelano una eccezionale esperienza mondana. Il poeta conosceva molto bene la scienza giuridica e abbondantemente ha utilizzato termini legali e le corrispondenti procedure espressive. Peraltro, nel 1860 John Bucknill scrisse che Shakespeare conosceva a fondo la scienza medica ("Medical knowledge of Shakespeare"). Parimenti egli era in possesso di estese cognizioni venatorie, di addestramento degli avvoltoi, come pure di altri sport, ma anche delle regole del cerimoniale di Corte.
Lo storico John Mitchell riconosce che Shakespeare è "lo scrittore che sapeva tutto"! Nelle sue opere, in cinque casi, parla di naufragi e il fatto che utilizzi una ben precisa terminologia nautica presuppone che abbia studiato l'arte marinara o sia stato egli stesso un esperto marinaio. Ha fors'anche partecipato alla battaglia navale nella quale fu distrutta l' Invincible Armada spagnola nel 1588?
Tutto ciò non compare nella vita del drammaturgo attraverso le biografie. Lo stesso accade anche con le sue cospicue conoscenze nelle questioni militari e nell'idioma linguistico dei fantaccini. Gli elementi biografici inglesi che disponiamo non rivelano l'esistenza di ampie e speciali cognizioni in questo Shakespeare "inglese", peraltro già di ignote disposizioni e successi scolastici.
Certo, nelle opere di Shakespeare non mancano altresì i riferimenti a passi biblici aventi un notevole peso specifico nei relativi racconti e trame: l'"italiano" Crollalanza-Shakespeare è molto probabile che ne abbia avuto l'insegnamento da parte della madre, istruita, nel quadro della sua fede calvinista. Al contrario, nessuna prova esiste, nè mai è stata avanzata l'ipotesi che sua madre "inglese" fosse istruita e abbia potuto insegnare alcunchè ai propri figli.
Quanto poi al padre "inglese" di Shakespeare, John era un guantaio, come più sopra ricordato, forse pure macellaio, ovvero un cittadino onesto e rispettabile quanto si voglia, ma ignorante (analfabeta?). Il padre "italiano", Giovanni Florio (anche lui John/Giovanni!), era invece un noto medico a Messina, mentre la madre discendeva da una nobile famiglia siciliana e di certo era istruita, come allora e sempre sono soliti essere le nobili casate.
Collegando quindi i predetti elementi, si pone la questione dell'istruzione e della cultura di Shakespeare. Viene naturale pensare che nel caso del Shakespeare "inglese", considerata la generale istruzione(o forse, non-istruzione?) familiare e le obbiettive condizioni e situazioni di vita sociale in un villaggio come Stratford nella prima metà del 1500, le probabilità di una importante istruzione sono quasi nulle, come d'altronde se ne ha la conferma vista la parallela relativa inesistenza anche nelle esposizioni biografiche.
Al contrario, nel caso dell'"italiano" Crollalanza e tenuto conto della cultura dei suoi genitori e dell'elevato livello familiare oltre che degli studi compiuti dal giovane Michelangelo in Italia, le grandi, incredibili cognizioni manifestate dal successivo William Shakespeare, un nome che è l'esatta traduzione letterale del corrispondente italiano, appaiono assolutamente giustificate e certificate.
In tal modo quando Michel Agnolo-Michelangelo Florio Crollalanza divenne William Shakespeare in Inghilterra si riferiva a qualcuno che già in Italia non era semplicemente istruito, ma totalmente in possesso di un'istruzione enciclopedica con profonde radici nella cultura, storia, tradizioni, realtà italiane per non dire specialmente della natìa Messina in Sicilia, come palesemente testimoniano almeno due "circostanze" connesse con l'opera dello stesso Shakespeare, ossia:
a) la commedia Molto rumore per nulla (Much Ado about Nothing) altro non è se non l'adattamento posteriore della commedia che Michelangelo Florio Crollalanza aveva scritto circa vent'anni prima, in giovanissima età, in dialetto messinese e col titolo Troppo trafficu ppi nnenti;
b) nella stessa commedia Shakespeare utilizza molti doppi sensi ed espressioni caratteristiche che solo a Messina avrebbero potuto essere udite. In questo contesto, una tipica espressione è anche la parola "mizzica", che solo un siciliano potrebbe conoscere e dire!
c) Messina è presente anche nel Racconto d'inverno. E certo, parlando di Messina verso la metà del Cinquecento, non si fa altro che ricordare una città in quell'epoca più grande di Londra, una delle capitali del Rinascimento con un fiorente commercio e costruzionmi in muratura (e non in legno), acquedotto sotterraneo, Università fondata da S. Ignazio di Loyola e una flotta di navi commerciali e "da corsa".
D'altro canto, e più particolarmente, nell'atto terzo, scena seconda, Don Pedro dice una frase che per gli Inglesi è un rebus: "The shell be buried with her face upwords", ossia: "Dovrebbero seppellirla con la faccia in su". Che strano! Tutti vengono seppelliti così. Sì, però a Messina con l'espressione "ca nasca addrittu" (col naso in su) intendono indicare una persona arrogante, superba, o anche semplicemente fiera. E nel caso specifico significa appunto che Beatrice era rimasta fiera/superba anche dopo morta!
Ancora, nell'atto terzo, scena terza, si trova la frase "...next morning at the temple, and there, before the wole congregation shame her...", cioè "domani mattina nel tempio, e lì, davanti all'intera congregazione religiosa la svergognerai...". Qui, il particolare sta nel fatto che non di una chiesa si tratta, ma di un antico tempio greco ceduto alla Congregazione dei Sacerdoti Catechisti. Un inglese che nel XVI secolo abitava in un paese lontano 3000 chilometri come avrebbe potuto conoscere una tanto "locale" particolarità? Piuttosto improbabile.
Infine, nell'atto quarto, scena prima, Beatrice utilizza una tipica espressione del dialetto parlato a Messina: "ti manciu 'u cori"(ti mangerò il cuore), "tradotta" in inglese in "I will eat you heart". Ma nella comune parlata inglese ha forse un senso?
Tutto questo ed altro ancora sparso nell'opera di Shakespeare, e poi una così profonda conoscenza della scena, della lingua, dell'arte teatrale italiana, come pure la sorprendente familiarità con paesaggi e città italiane, costituisce sicuramente il più logico e maggior segno distintivo più di uno scrittore italiano che inglese!
4.
Il drammaturgo Ben(jamin) Jonson, amico di William, gli addebitava "una insufficiente conoscenza della lingua latina e ancor più di quella greca", volendo piuttosto descrivere la sua elementare istruzione, d'altronde confermata anche dagli inesistenti dati personali e scolastici presso gli istituti di istruzione primaria e secondaria di Stratford, di Londra e altrove in Inghilterra(eventualmente), mentre è assodato che Shakespeare non ha studiato nè a Cambridge nè a Oxford nè in altra Università inglese o straniera.
Un parere come quello di Ben Jonson non si accorda certamente con la onniscienza di uno scrittore che conosceva alla perfezione i classici Latini e Greci, la letteratura e, con molta probabilità, anche le lingue italiana, francese e spagnola.
Sappiamo che il giovane Michelangelo Florio Crollalanza aveva dimostrato sin da ragazzo speciali capacità nelle lettere (l'opera Molto rumore per nulla sembra che l'abbia scritta a 15 anni, poco prima di abbandonare Messina), ciò che in nessun modo risulta ad un ragazzo inglese chiamato William Shakespeare, del quale sono "ignoti" proprio gli anni della carriera scolastica! Il suo vocabolario era sorprendentemente ricco. Quando un poeta come John Milton, nel XVIII secolo, utilizza circa 8000 parole nelle sue opere, cosa dire di Shakespeare che, come consta, ha utilizzato circa 24000 parole(e per altri, addirittura 29000)! E non deve sfuggire il fatto che Shakespeare ha altresì "inventato" moltissime parole ed espressioni arricchendo così la lingua inglese.
Non so se colui che è riuscito a produrre tante "invenzioni verbali" è l'"inglese" Shakespeare di cui nessun accenno sussiste nei registri delle scuole che "dicono" aver frequentato oppure l'"italiano" Michelangelo Crollalanza/Shaskespeare i cui studi risultano in accertati dati di istruzione e testimonianze.
5.
A questo punto non sarebbe oziosa una integrazione argomentativa in base alla quale si suppone o si dimostra l'origine messinese di Shakespeare o, comunque, italiana.
I dati comprovanti sono i seguenti:
A. Nell' Amleto compaiono i due studenti danesi, Rosenkrantz e Guildenstein, che furono compagni di studio di Michelangelo Florio Crollalanza all'Università di Padova;
B. Sempre nell'Amleto vengono recitati molti proverbi che anni prima Michelangelo Florio aveva pubblicato in Italia in un libro dal titolo I secondi frutti;
C. Nel Mercante di Venezia il "colore" locale viene riprodotto in maniera stupefacente: perfette espressioni marinare si trovano in bocca a Salerio e Salanio - viene fatto riferimento al battello che collega Venezia alla terraferma - compare l'esatta traduzione in inglese, Belmont, del sobborgo veneziano di Montebello;
D. Nel Romeo e Giulietta Shakespeare realizza una poetica rappresentazione della propria storia d'amore vissuta in gioventù in Italia;
E. Ancora nel Mercante di Venezia la conoscenza della legislazione veneziana è perfetta, una legislazione del tutto diversa da quella allora vigente in Inghilterra - il maestro Bellario del testo teatrale corrisponde assolutamente ad un personaggio davvero esistente e molto noto negli ambienti giuridici di Padova, il professor Ottonello Discalzio;
F. In molte opere, teatrali e poetiche, si riscontrano fonti chiaramente italiane (Boccaccio, Ariosto, Bandello, Castiglione, Giraldi Cinzio), come pure reminiscenze della Commedia dell'Arte;
G. Shakespeare possedeva ugualmente una buona conoscenza della storia romana e sapeva che Pompeo una volta (nel 36 a.C.) era rimasto a Messina. Così, nell'opera Antonio e Cleopatra si riferisce alla casa di Pompeo a Messina ed è esattamente in questa casa che si svolge la trama del secondo atto, scena prima: "Messina. nella casa di Pompeo. Entrano Pompeo, Menecrate e Mena in assetto di guerra";
H. Non mancano altresì rifacimenti di idee di Plauto, Seneca e Plutarco;
I. È evidente l'ispirazione italiana nelle opere Much Ado about Nothing, Twelfth Night e All's Well That Ends Well. D' altra parte Shakespeare è l'unico scrittore inglese che conosca alla perfezione tante cose dell'Italia malgrado che non esista da nessuna parte nessun indizio secondo cui egli si sia recato e sopra tutto vi abbia vissuto, poco o a lungo, imparando tutto quello che sapeva;
L. In merito alla morte di Shakespeare, Richard Davis nel 1700 ebbe a scrivere: "He died a papist", cioè "è morto da cattolico". È una frase assai rivelatrice, nel senso che, mentre egli era calvinista (e Michelangelo Florio Crollalanza era calvinista), prima di morire divenne e morì cattolico, un cambio di fede religiosa piuttosto molto più difficile che accadesse, per evidenti motivi di vario genere, presso un inglese che non un italiano;
M. "I biografi suppongono che Shakespeare abbia accumulato le sue enormi conoscenze e la sua accurata familiarità con le maniere, il gergo e gli usi della professione forense dopo essere stato egli stesso per un breve periodo impiegato al tribunale di Stratford. Adesso, a parte il fatto che una simile ipotesi inciampa nella assoluta inesistenza di corrispondenti elementi nei registri giudiziari della cittadina, appare anche inammissibilmente molto ingenua, giacchè è come se si dicesse che un giovanotto sveglio come me, cresciuto in un villaggetto sulle sponde del Mississipi, avrebbe potuto sviluppare una perfetta conoscenza della caccia alla balena nello stretto di Behring oppure imparare gli idiomatismi espressivi dei vecchi pescatori semplicemente pescando pesci-gatto qualche domenica(...)." (Mark Twain in Is Shakespeare really dead?, 1909");
N. D'altra parte, se ve ne fosse bisogno, il predetto storico John Mitchell citando appunto l'espressione usata da Mark Twain nel suo libro del 1909, dice, volendo con ciò molto intendere: "I dati che sono noti sulla vita di Shakespeare possono riempire una sola facciata di un foglietto per appunti"7
O. Quando Shakespeare morì il 23 aprile 1616, la sua morte non provocò nessuna commozione, nè fu ordinato alcun lutto nazionale o locale in Inghilterra, come logicamente ci saremmo aspettati che accadesse per un letterato inglese tanto grande e illustre. L'avvenimento passò come se il drammaturgo fosse uno straniero!;
P. La scuola o le scuole dove l'"inglese" Shakespeare dicono che abbia studiato, costituiscono oggetto di semplici indizi. Non esiste nessuna certezza e prova al riguardo;
Q. Vi sono molti studiosi che si pongono degli interrogativi in merito al trattino che spesso appare al nome di Shakespeare: Shake-speare - e non sono pochi coloro che credono che tale nome sia piuttosto uno pseudonimo, come appare sul frontespizio dei Sonetti nel 1609.
A parte però questo, un aspetto peraltro secondario della generale "questione Shakespeare", nelle 32 edizioni delle opere di Shakespeare realizzate prima del First Folio del 1633, le 15 hanno il nome col trattino. È questa una importante indicazione, come ampiamente si ritiene, che riverbera la "versione" del cognome composto [crolla=shake, lanza(lancia)=speare] che il suo proprietario, traducendolo in inglese, ha particolarmente voluto evidenziare essendo egli straniero (un autoctono inglese non avrebbe avuto di certo nessuna ragione di dividere in due il proprio cognome per quanto stravagante potesse egli essere!;
R. Osservando i (pochi) ritratti di Shakespeare, non si può non notare che il suo volto è assai diverso da quello di un inglese medio. Sembra piuttosto essere il tipico viso di un abitante dell'Europa del sud. Già un suo contemporaneo, di nome Harwei, accennava apertamente alla sua origine italiana.
6.
Tutte le proprietà di Shakespeare sono analiticamente inventariate nelle tre pagine del suo testamento, tutte tranne i suoi libri e i suoi manoscritti. Come se non esistessero nè libri nè manoscritti! Forse che i libri li ha presi la figlia maggiore Susan? Quand'anche però fosse così, non li avrebbero poi spartiti tra di loro tutti gli eredi? Ma anche questa eventualità non sembra che sia avvenuta.
Un sacerdote, un certo James Wilmot, a quanto pare, volle nel 1785 controllare tutte le biblioteche private entro un raggio di 80 chilometri intorno a Stratford-on-Avon: non vi trovò nessun libro appartenente a Shakespeare! Ne ricavò, tra l'altro, forti dubbi sulla paternità di quest'ultimo in merito alle opere attribuitegli.
Quanto ai manoscritti, il problema è ancora più complicato e difficile. Secondo ciò che risulta dalle ricerche sinora effettuate, non esiste nessun manoscritto originale delle 36 opere di Shakespeare! Sono tutte copie. Per il resto, per quanto si conosca, molte edizioni non autorizzate di sue opere avevano avuto luogo quando egli era ancora in vita, sotto il nome di Shakespeare, senza mai che lo stesso interessato si sia opposto in via giudiziaria per impedire o vietare le edizioni clandestine. E allora nulla vieta nutrire il parere secondo cui tale mancanza di reazione potesse anche nascondere o rivelasse la volontà di apparire ed essere quindi sempre più conosciuto con il cognome di Shakespeare (o Shake-speare, come visto più sopra) al fine di "far sparire" il vero, rivelatore di presenza, cognome Crollalanza o Florio.
D'altronde, la sparizione di tutti i libri e manoscritti di Shakespeare già non molto dopo la sua morte e il parallelo, oggidì, rifiuto di rendere pubblica una biblioteca personale che sicuramente esisteva e che viene adesso con molta probabilità custodita in un luogo di competenza statale (fors'anche già da allora, dal XVII secolo), non può che apparire perlomeno strano, se non sospetto.
Al riguardo non è senza interesse sapere che il professor Martino Iuvara nel maggio del 2000 aveva inviato una lettera alla regina Elisabetta nella quale, tra l'altro, scriveva: "La provata prova dell'identità del maggior drammaturgo di tutti i tempi può trovarsi, quasi esclusivamente, nella sua biblioteca (...) la quale finora rimane nascosta a tutti (molto probabilmente per motivi nazionalistici), la quale però avrebbe dovuto, per amore verso la verità storica (ciò che dovrebbe porsi al di sopra di ogni calcolo) essere messa, con coraggio e saggezza, almeno alla disposizione ndegli studiosi.
E naturalmente auspicando che, durante questi quattro secoli che sono passati(1616-2000) alcuni malvagi supernazionalisti non abbiano voluto distruggere per sempre qualsiasi prova determinativa della non anglicità del grande Genio che comunque sia, inglese o meno, farà sempre parte della universale eredità culturale".
Va da sè che non ha ricevuto nessuna risposta! Nel 2002 poi inviò la medesima lettera all'allora Primo Ministro Tony Blair. E come era da aspettarsi, neanche questa volta ci fu una risposta! Per cui nessuno può non considerare la possibilità che finalmente questa "biblioteca" nasconda pochi o molti "scheletri".
In ogni modo tutto questo silenzio, l'evidente volontà e, perchè no?, insistenza di tenere nell'oscurità una tematica le cui componenti vi sono ancora alcuni - che non devono essere pochi - che non sono pronti ad (o hanno paura di) affrontare qualunque sconvolgente sviluppo possano esse creare, mi domando fino a quando potrà o deve continuare.
Se in effetti la mancanza di buona disposizione da parte degli inglesi per un chiarimento della "questione shakespeariana" significa che ha ragione il prof. Iuvara ed esistono veramente elementi che dimostrino che Michelangelo Crollalanza è William Shakespeare oppure che la "storia" di Shakespeare tessuta da Iuvara è sicuramente vera, allora è comprensibile la posizione negativa di coloro i quali tutto hanno da perdere e nulla da guadagnare. Se invece le prove che cerca il prof. Iuvara non esistono o non esistono più perchè, nel passato o recentemente, qualcuno o alcuni hanno provveduto a farli sparire eliminando in tal modo qualsiasi rischio di "nazionale, razziale disfatta letteraria" per gli inglesi e la Gran Bretagna, il rifiuto di rendere pubblica la biblioteca personale di Shakespeare (la quale, secondo quanto riferiscono gli studiosi, era composta da 340 volumi e forse vi si trovava anche una biografia vera, lasciata poi a Lord Pembroke) appare senza dubbio incomprensibile, tranne che vi siano altri lati oscuri della questione che costituiscono una specie di "segreto statale".
In entrambi i casi l'occultamento non può che essere interpretato come precisa, irrinunciabile intenzione di "seppellire" la "questione Shakespeare" perchè esiste qualche interesse molto particolare, direi inconfessabile, addirittura "drammatico", di mantenere simile comportamento.
Rimane pertanto a mezz'aria una ragionevole domanda: sussiste, mutatis mutandis, una "questione shakespeariana" analoga alla "questione omerica"? Sembrerebbe di sì. Tra un Shakespeare "inglese" e un Shakespeare (Crollalanza) "italiano" si muovono molti altri personaggi e maschere con "diritto" di paternità sulle opere di uno "spettro" Shakespeare: Christofer Marlowe, il cardinale Wolsey, sir Walter Raleigh, Francis Bacon, Edward de Vere, 17o conte di Oxford, Roger Mannors, quinto conte di Ruthland, Robert Devereux, William Stanley, sesto conte di derby, perfino la regina Elisabetta!
Per cui non è più di tanto assurdo che gli Inglesi interessati abbiano appositamente "inventato" e "diffuso" tutti questi "candidati Shakespeare", tutti, guarda caso, diligentemente e strettamente inglesi, al fine di "coprire", annullare, addirittura esorcizzare la fastidiosa per la nazione inglese incombenza di un creatore non inglese di tanti straordinari capolavori.
È quello che in sostanza ha detto anche lo scrittore Jonathan Bate alcuni anni fa: "Il rilievo che le opere di Shakespeare siano state scritte da Florio è più facile da confutare che non l'attribuzione di esse ad un qualunque aristocrratico(inglese). E siccome Florio non era inglese, la sua candidatura non ha mai potuto avere molto successo. Tranne naturalmente che in Italia..."8
E la situazione diventa ancor più complicata quando anche la nota World Book Encyclopedia osserva che il popolo "rifiutava di credere che l'attore di Stratford-on-Avon avrebbe potuto averli scritti lui". "Le origini contadine di Shakespeare non corrispondevano alla figura del Genio che ha scritto i drammi", perchè "solo un uomo colto, raffinato, di elevata classe sociale avrebbe avuto la capacità di comporre i drammi".
Viene allora spontaneo ricordarsi le parole di Borges: "È strano, ma i paesi scelgono individui che non gli somigliano molto. Si pensi per esempio che l'Inghilterra ha scelto Shakespeare e che Shakespeare è, si può dire, il meno inglese degli scrittori inglesi(...) e non ci sorprenderebbe che sia stato italiano o ebreo"
Di conseguenza avviene che si debba qui affrontare una delle più difficili verità: e quanto più grande è questa verità, tanto più difficilmente viene detta e facilmente viene nascosta perchè, ove uscita di bocca, il rumore che provocherebbe verrebbe ad essere, dolorosamente o gioiosamente (dipende dalle parti in causa) proprio assordante e variamente destrutturante.
Il quid dell'autore chiamato William Shakespeare non è posto in discussione solo dagli Italiani, ma anche dagli stessi Inglesi, sia pure alla luce di una diversa ottica di sostanza.
Così, mentre gli Italiani mettono in dubbio l'esistenza e la nazionalità dello scrittore, gli Inglesi non tanto mettono in dubbio la sua esistenza, malgrado le palesi, ernormi lacune, quanto la paternità delle sue opere. In questa negazione, nondimeno, si dimostrano "patriotticamente" sciovinisti, visto che tutti i "candidati" alla incerta esistenza e alla paternità della sua produzione letteraria sono tutti inglesi e nessuno straniero.
Ecco quindi perchè i "dubbi inglesi" per la "verità" di un autore inglese sono, per gli stessi inglesi, enormemente più "digeribili" e in sostanza anodini e senza ferite al contrario dei "dubbi italiani" che colpiscono invece il cruciale segno della nazionalità annullando tutto il prestigio e rinomanza che a tale nazionalità ne sono derivati e ne derivano ancora. Cioè una prospettiva assolutamente e in tutti i modi inaccettabile!
In ogni caso, a conferma dei sillogismi e delle prove contenute nella presente esposizione relativamente a Shakespeare, la sua vita e la sua opera, nella recentissima pubblicazione di Bill Bryson, Shakespeare. The World as Stage, 2007, le risultanze delle indagini svolte dallo scrittore convergono alle stesse conclusioni sin qui espresse, ovvero, per sommi capi:
1) "Almeno 200 anni fa lo storico George Stevens osservò che tutto quello che conosciamo di W.S. si limita ad alcuni eventi sparsi". Di conseguenza si deduce che essi sono del tutto inutili e inutilizzabili per una giusta valutazione dell'"ipotesi Shakespeare";
2) "Non siamo sicuri della corretta grafia del suo nome, ma, come pare, neanche egli stesso ne era sicuro perchè nelle firme che di lui possediamo, il nome neanche due volte risulta scritto allo stesso modo". Anche questa quindi un'indicazione del fatto che il Shakespeare "inglese" non doveva poi essere granchè a conoscenza del suo stesso nome;
3) "Solo per pochissimi giorni della sua vita possiamo dire con certezza dove si trovasse". La torbidezza e inesistenza del paesaggio nello Shakespeare inglese rimane immutabile e per nulla reversibile;
4) "Parecchi ricercatori ogni tanto sostengono che le opere di Shakespeare sono state scritte da qualcun altro". E chi sarebbe? Uno dei tanti inglesi senza prove o l'unico italiano con assai plausibili elementi documentali e testimoniali?;
5) "Ancor oggi Shakespeare resta una ostinazione accademica più che un personaggio storico".
Quest'ultima constatazione abolisce certamente qualsiasi conclusione e qualsiasi rappresentazione che i biografi inglesi avrebbero potuto inventare per rendere in carne ed ossa un loro compatriota che da ogni parte "sfugge" e piuttosto provoca l'invincibile sentimento di essere una vera e propria invenzione. E piuttosto altresì si tratta di un ben congegnato intrigo teso alla "creazione" quasi dal nulla di un super-scrittore inglese, un super-drammaturgo il quale in realtà o non è mai vissuto o nasconde la propria insufficienza dietro a qualcuno la cui esistenza sarebbe estremamente spregevole alla riputazione, orgoglio e arroganza etnica inglese.
E ovviamente allora, in ultima analisi, nulla esclude - per quanto ciò appaia irreale: ma quante volte la realtà supera la più sfrenata immaginazione?! - l'esistenza di una gigantesca diacronica macchinazione (imbroglio/impostura) delle istituzioni inglesi, statali e non, ai fini della conservazione della fama di una così eccezionale produzione letteraria (inglese) che, altrimenti, se dovesse essere smentita, potrebbe fondatamente provocare incalcolabili contraccolpi non solo nella società britannica, ma nella stessa sostanza dell'entità britannica, tanto esaltata dal possedere unlo Shakespeare da non esitare a definirlo Our English Homer!(Henry Stratford Caldecott).
Alla fin fine, dunque, checchè se ne dica, la più obbiettiva constatazione non può che fissare il seguente stato di cose:
a) la figura di W.S. che conosciamo è sempre, e direi irrimediabilmente, avvolta in un alone di assoluta incertezza e ambiguità. Val bene riferirsi qui, questa volta in relazione allo stesso Sakespeare, alla famosa esclamazione di Amleto: To be or not to be: that is the question!;
b) per parte italiana le ipotesi avanzate presentano molti aspetti positivi di verosimilità che potrebbero anche giungere fino alla soluzione di verità;
c) per parte inglese la collocazione del personaggio chiamato William Shakespeare è posta su illazioni non provate e su flagranti assenze di fondamentali dati personali, che tutti ammettono e nessuno può escludere;
d) sì che, concludendo, fino a quando non verranno alla luce (se mai esistono per venire alla luce) elementi di perfetto valore probativo a conferma della "realtà inglese" del personaggio W.S., le attuali risultanze biografiche dello stesso, che perfino non pochi autori inglesi e non solo ritengono fallaci e inattendibili, in nessun modo possono far testo prolungando presso la collettività letteraria internazionale l'illusorietà di uno scrittore completamente privo di convincenti contorni identificativi.9
Ci si trova davanti alla vera assurdità di un complesso di 36 capolavori della letteratura il cui autore nessuno, ma nessuno può provare che sia davvero mai esistito. Parafrasando, potremmo dire: "(Trenta)sei opere in cerca di autore"!
Di conseguenza, gli esiti delle indagini teoriche e pratiche avanzate dagli studiosi italiani a favore della nazionalità italiana di William Shakespeare rimangono i soli validi a tutti gli effetti e possono sollevare i veli del dubbio che sinora hanno coperto il relativo "caso". E allora credo io, non solo, ma tutti penso siano dello stesso parere, che le cose vadano dette con il loro vero nome.
E certamente non concordo con le conclusioni assolutamente pilatesche e irraginevoli di Giuseppe Provenzale, riportate in sunto nel quotidiano messinese online Tempo Stretto del 5.11.2012, quando nega (No!) che, quanto riferito a Shakespeare/Florio basti "per avvicinare i due personaggi e dimostrarne l'origine messinese" adducendo motivazioni davvero puerili e indegne di una città storica come Messina.
In realtà, di conclusioni se ne possono trarre persino troppe - per chi voglia trarne, però! - tenuto conto, com'è doveroso, della perfetta inconsistenza delle argomentazioni biografiche inglesi e del loro assordante silenzio probatorio!
PERCIO', PER TUTTO QUANTO SIN QUI ARGOMENTATO ED ESPOSTO
È ora che la smettano gli inglesi di mercanteggiare con le culture altrui, farsi belli con i prodotti delle civiltà altrui. È parimenti ora di farla finita con questa civiltà britannica che si dà arie abbellendosi con i beni rubati a civiltà veramente eccelse(v. tutte le opere d'arte egizie; v. i famosi marmi del Partenone; v. le decine di migliaia di papiri di Ossirinco indebitamente tenuti nascosti; v. i capolavori assiri e mesopotamici; v. le opere d'arte cinesi e orientali; v. gli altri tesori messicani, islamici, romani, ecc., tutti rubati o presi con la forza o "comprati" con la frode o senza possibilità di replica dei legittimi possessori).
Quanto al "caso" trattato in queste pagine, se questi stessi inglesi posseggono le inconfutabili prove che Shakespeare è inglese, le esibiscano, le pongano all'esame dei competenti studiosi. E giustizia sarà fatta (non certamente "all'inglese").
Ma se non hanno nulla di valido, la smettano di nascondersi dietro a fantasticherie, menzogne, dubbi, contraffazioni, illusioni, ruberie e sopra tutto puerili, stolte e insulse ironie. E se quello che posseggono (e finora nascondono) comprova che questo celeberrimo Shakespeare non è per nulla inglese o è un falso inglese a danno di un reale genio straniero - abbiano finalmente l'onestà e il decoro di ammetterlo, rivelando la documentazione che lo attesta, e chiedano scusa per l'immoralità e il comportamento di delinquenza letteraria tenuto sino ad oggi e per aver ingannato spudoratamente il mondo intero.
Se sanno ancora cosa sia l'etica.
Crescenzio Sangiglio
N O T E
1) Dove l'italiano Crolla-lanza(lancia) è la traduzione letterale dell'inglese shake-speare. V. anche infra.
2) A Stratford-upon-Avon si era stabilito già da tempo un fratello Crollalanza della madre di Michelangelo.
3) Che strano! anche nei documenti inglesi W.S. è figlio di John. Qui Giovanni, lì John!
4) v. www.editoriale.it/rw/allegati/1.pdf e Martino Iuvara, Shakespeare era italiano, ed. Kromatografia di Ispica(RG), 2002. Altresì: www.granmirci.it/shakespeare.htm
5) v. www.cronologia.it/storia/biografie/shakes.htm
6) Se il sedicente Shakespeare fosse inglese protestante per nascita e non italiano calvinista, non avrebbe avuto e non avrebbe sentito nessun bisogno di circondarsi di mistero cercando di attenuare o far sparire le proprie tracce.
7) John Mitchell, Who wrote Shakespeare, London, 1996.
8) Jonathan Bate, The Genius of Shakespeare, Oxford, 1998.
9) Basta leggere alcuni titoli di libri editi dal 1940 al 2005 per convincersene: Shakespeare Unmasked, The Shakespeare Enigma, The Shakespeare Mystery, The Case for Shakespeare, Shakespeare Problem, The Mysterious Identity of William Shakespeare, ecc. ecc.
UNA POSSIBILE BIBLIOGRAFIA
S. Schvenbaum, William Shakespeare, A Documentary Life, Oxford, 1975
G. Holderness, The Shakespeare Myth, Manchester, 1988
G. Greer, Past Martens: Shakespeare, Oxford, 1986
J. Bate, The Genius of Shakespeare, Oxford, 1998
F. Yates, John Florio: The Life of an Italian in Shakespeare's England, Cambridge, 1934(1968)
S. Paladino, Shakespeare sarebbe il pseudonimo di un poeta italiano, Reggio Calabria, 1929
T.W. Baldwin, William Shakespeare's Small Latine and Less Greeke, Urbana-Champaign, 1944
S. Paladino, Un italiano autore delle opere shakespeariane, Milano, 1955
P. Viganò, Shakespeare, genio italiano: dimostrazioni e prove della sua italianità, Treviso, 1947
C. Villa, Fra donne e drammi: Shakespeare genio italiano, Milano, 1961
G. E. Bentley, The Profession of Dramatist in Shakespeare's Time, Princeton, 1971
C. Ogburn, The Mysterious William Shakespeare: The Man Behind the Mask, New York, 1984
B. Bryson, Shakespeare. The World as Stage, London, 2007
M. Anderson, "Shakespeare" By Another Name: The Life of Edward de Vere, Earl of Oxford, The Man Who Was Shakespeare, 2005
L. Tassinari, Shakespeare? È il nome d'arte di John Florio, Milano, 2008
e, per l'eventuale interesse che può suscitare:
John Hudson, Amelia Bassano Lanier. A New Paradigm. in riv. The Oxfordian, 2009