RIFLESSIONI SULLA TRASFORMAZIONE SOCIALISTA

di Aldo Pirone

L'influenza del socialismo nella civilizzazione del capitalismo novecentesco.

Le intuizioni di Marx ed Engels. Le nuove contraddizioni del capitalismo. Sinistra subalterna alla globalizzazione. Cosa ci dice la storia. Un nuovo socialismo come superamento del capitalismo. Iniziativa politica consapevole, forze motrici e alleanze sociali. Recuperare la dimensione internazionalista del socialismo.

Chi l'avrebbe detto? A mettere in crisi il turbocapitalismo neoliberista dell'ultimo quarantennio non sono state le sue contraddizioni interne, fra capitale e lavoro, fra padroni del capitale e sfruttati, fra ricchi e poveri. E' stato un semplice virus, il Sars-Cov-2 o Covid 19, a inceppare l'intera economia mondiale al tempo della globalizzazione neoliberista. Una causa esogena dunque? No. Infatti c'è un nesso fra il degrado ambientale e lo sviluppismo industrialista di questi ultimi decenni, di cui il turbocapitalismo neoliberista è in massima parte responsabile.

Perciò, il fatto stesso che si possa pensare la pandemia come causa esogena, la dice lunga sulla sottovalutazione persistente dell'ambientale come contraddizione interna all'espansione capitalistica neoliberista la cui tendenza al consumo spropositato e non sostenibile delle risorse ambientali non è un accidente. Questa sottovalutazione ha segnato anche la storia del movimento operaio del novecento che fu essenzialmente industrialista pure nella sua parte comunista. Per Lenin il comunismo era "il potere dei soviet più l'elettrificazione di tutto il paese". Solo con il lento e contraddittorio svilupparsi all'interno del movimento socialista di un rinnovamento di cultura politica all'insegna dell'ambientalismo si sono per così dire riscoperti e valorizzati certi assunti teorici di Marx riguardanti le conseguenze sull'ambiente dello sviluppo capitalistico. Non a caso il maggiore teorico del comunismo scriveva in proposito: "Nelle economie capitaliste, una piccola minoranza, guidata dalla concorrenza e dalla ricerca di profitti sempre maggiori, controlla i mezzi di produzione. Il sistema impone un impulso all'accumulazione dei singoli capitalisti e questo si concentra su guadagni a breve termine che ignorano gli effetti a lungo termine della produzione, comprese le sue conseguenze per l'ambiente naturale." (Marx: quaderni per Il Capitale 1850).

Sta di fatto che la pandemia da Coronavirus ha costretto tutti, chi più chi meno, a riprendere in considerazione come preminenti gli elementi che il neoliberismo aveva beffeggiato credendo di esserseli lasciati alle spalle: l'intervento dello Stato non solo nel soccorrere socialmente ma anche nell'indirizzare e programmare l'economia, la solidarietà, la cooperazione per affermare l'interesse pubblico e il bene collettivo dentro un'economia sociale di mercato ambientalmente sostenibile. Il pensiero unico non è più unico, un altro pensiero è tornato in campo, ispirato alle idee di eguaglianza e di giustizia sociale che, nel "trentennio glorioso" succeduto alla fine della seconda guerra mondiale e alla vittoria sul nazifascismo, avevano guidato sia la civilizzazione del capitalismo nell'Occidente euroatlantico sia il grande processo di indipendenza nazionale dei paesi sottosviluppati costituenti gli imperi coloniali. Un pensiero rinnovato che ha dismesso la cultura industrialista e assunto nel suo Dna quella ambientalista

La cosa più sbagliata, perciò, per chi ha continuato caparbiamente anche durante le magnifiche sorti e progressive della globalizzazione neoliberista a criticare la nuova fase di espansione capitalistica, sarebbe quella di riproporre un heri dicebamus senza fare i conti con il mondo nuovo prodotto da quella medesima espansione e con le ragioni che hanno determinato trent'anni fa il crollo del "socialismo" statalista e senza democrazia (Urss e paesi dell'Est europeo) da una parte e dall'altra il rinsecchimento ideale e politico del socialismo e della socialdemocrazia europea occidentale caduti nella palude della subalternità culturale all'egemonia neoliberista.

L'INFLUENZA DEL SOCIALISMO NELLA CIVILIZZAZIONE DEL CAPITALISMO NOVECENTESCO

Cosa è successo prima dell'avvento del turbocapitalismo neoliberista e globalizzatore?

Il movimento operaio e socialista nelle sue varie espressioni ha avuto l'obiettivo della socializzazione dei mezzi di produzione. L'esperienza delle socialdemocrazie e, più limitatamente di forze democratiche e finanche di ispirazione liberale, così come quella ben più radicale dei paesi a regime comunista, ha tradotto questi concetti in politiche di statalizzazione di attività industriali e produttive. Dalla totale statalizzazione dei paesi comunisti alle politiche, ben più limitate, di nazionalizzazione e fiscali e di intervento dello stato nelle attività produttive praticate dalle socialdemocrazie europee secondo l'aureo concetto che "Il capitalismo è una pecora che va tosata periodicamente, ma non ammazzata" (Olof Palme) e le ricchezze da esso prodotte vanno solo redistribuite. La lotta del movimento socialista in Europa ha introdotto nel capitalismo elementi di socialità che hanno fortemente limitato i suoi animals spirits civilizzandolo attraverso la costruzione di robusti welfare nell'ambito della democrazia politica. La forte presenza in Europa di Stati comunisti raccolti intorno all'Urss ha oggettivamente favorito questa tendenza. In America il movimento democratico, benché al suo interno le idee del socialismo siano state sempre minoritarie, è intervenuto soprattutto sul versante della competitività all'interno del mercato introducendo una legislazione antitrust e, soprattutto a partire dal new deal rooseveltiano, realizzando grandi programmi di opere pubbliche a sostegno dell'economia e anche programmi di welfare. A ciò si aggiunga che negli States vi è una legislazione che protegge la figura del cittadino-consumatore di fronte a possibili tendenze delle grandi corporations a violare la sostenibilità ambientale dei processi e dei prodotti industriali nonché a non garantire il consumatore sulla qualità dei medesimi prodotti. In generale si può affermare che nel mondo occidentale capitalistico il movimento socialista e democratico è intervenuto sulle tendenze spontanee del mercato sia nel momento della produzione (nazionalizzazioni, programmi di opere pubbliche, sovvenzioni e incentivazioni a settori produttivi, leggi antitrust) sia nella fase della distribuzione con politiche fiscali e contributive tese a finanziare il welfare. Inoltre, nei paesi europei, dove forte è stata la presenza del movimento socialista, hanno avuto corso consistenti esperienze cooperativistiche di produzione e di consumo. L'insieme di questi vincoli, limitazioni, condizionamenti che ha raggiunto il suo apice intorno agli anni '70 del secolo scorso, se non ha mutato il segno capitalistico del modo di produzione lo ha, tuttavia, fortemente limitato e orientato non solo a livello, per così dire, delle strutture ma anche in quello delle sovrastrutture politiche, influenzando le stesse forze moderate liberali, cristiane, cattoliche e perfino di destra conservatrice e reazionaria, per cui il diritto e il dovere dello Stato di intervenire nell'economia non fu contestato, in via di principio, da nessuna delle grandi tradizioni politiche e culturali che albergano in Europa. Ovviamente gli interventi propugnati dalle une o dalle altre portarono sempre con sé la diversità più o meno radicale delle differenti ispirazioni culturali. Sta di fatto che la bandiera del liberalismo classico ottocentesco che assegnava allo Stato la sola funzione di veilleur de nuit (guardiano notturno), poiché tutto doveva essere regolato dalla mano saggia e invisibile del mercato, non fu più propugnata da nessuno dei suoi eredi. Così come, del resto, l'assunto del movimento socialista della collettivizzazione o statalizzazione dei mezzi di produzione e di scambio non è più contemplata, ormai da molto tempo, dagli attuali partiti socialisti e socialdemocratici.

L'opera prodotta dal socialismo in senso lato, inclusa l'esperienza comunista, nei due secoli passati per la civilizzazione e il condizionamenti del modo di produzione capitalistico-fordista è stata di grande significato storico. La lotta per l'emancipazione sociale, culturale, politica delle masse operaie e proletarie è stata la spinta principale per costruire le società democratiche e opulente nel mondo occidentale. Però a un certo punto dello sviluppo di questa lotta limitatrice delle tendenze spontanee del modo di produzione capitalistico - lotta che aveva inciso non poco sulla stessa ''libertà'' dei rapporti di produzione propri del capitalismo - il capitalismo ha reagito accelerando la sua innata tendenza al rivoluzionamento delle forze produttive medesime, seppellendo le rigidità del fordismo con la flessibilità delle nuove tecnologie, scompaginando il campo delle forze di ispirazione socialista sia sul piano politico e sindacale sia sul piano ideale e culturale. Il modo di produzione capitalistico ha conosciuto così una nuova fase di accentuato sviluppo e di ulteriore globalizzazione.

LE NUOVE CONTRADDIZIONI

Il mondo nuovo uscito dalla rivoluzione produttiva conservatrice neoliberista è, per certi versi, il contrario di quello fordista. La rivoluzione tecnologica permanente ha frantumato il lavoro operaio e cambiato nel profondo tutto il lavoro esistente atomizzandolo e personalizzandolo sempre più. Il treno del lavoro si è di molto allungato; va da una miriade di basse qualifiche a quello superspecializzato che ha che fare con l'intelligenza artificiale; dal raccoglitore stagionale di frutta e verdura nelle campagne al programmatore della robotica; dalla persona addetta alle pulizie all'ingegnere informatico; dal magazziniere e dal rider delle grandi imprese e-commerce all'operaio superspecializzato dell'industria di precisione, della produzione automobilistica, della cantieristica e dell'acciaio; dal lavoratore edile a quello della ristorazione e del settore alberghiero, al titolare di partita Iva formalmente indipendente. A dominare nelle basse e medie qualifiche è il lavoro precario soprattutto giovanile e femminile che ha dato vita a un nuovo proletariato quasi privo di diritti, il cui lavoro è ridotto a una merce da usare solo per il tempo necessario, facilmente sostituibile, completamente separata dalla persona che ne è portatrice, dalle sue esigenze, dai suoi bisogni, dalla sua umanità.

Insieme alla contraddizione ambientale, l'espansione neoliberista e globalizzatrice ha approfondito ed esasperato un'altra contraddizione tutta interna al capitalismo attuale, quella fra il capitale finanziario e quello produttore di merci. Questo contrasto è stato alla base della crisi finanziaria e produttiva esplosa in America e riversatasi in Europa nel 2008 che, però, non dette vita a cambiamenti sostanziali nelle politiche delle classi dirigenti dei paesi euro atlantici interessati. Tuttavia il fenomeno mondiale della finanziarizzazione dell'economia a scapito della produzione di merci, di beni e servizi, non è per nulla scomparso. In sostanza, dal punto di vista teorico, si tratta del fatto che all'interno dell'impiego del capitale il circolo virtuoso merce-denaro-merce è stato sopravanzato da quello denaro-denaro attraverso non solo il gioco di borsa che c'è sempre stato ma dello spostamento speculativo di capitale finanziario senza alcun controllo o restrizione da un punto all'altro del globo in tempo reale grazie alla globalizzazione e alle nuove tecnologie comunicative. In questo modo il capitale finanziario da infrastruttura del capitale manifatturiero ne è divenuto il signore, ne assorbe le energie convogliandole nel grande casinò dell'arricchimento facile senza alcun riferimento all'economia reale di prodotti materiali e immateriali. Questo prima del Covid 19, ma è proprio a questo che le forze capitalistiche neoliberiste intendono tornare dopo quella che per loro è stata una parentesi fastidiosa: la pandemia. Al contrario, per le forze della sinistra ecologista, ambientalista, del lavoro e dei lavoratori, dei poveri e degli sfruttati, dei paesi sottoposti a sfruttamento neocoloniale, è proprio a questo che non bisogna tornare. La lotta è tutta qui e non sarà una passeggiata romantica al chiaro di luna.

SINISTRA SUBALTERNA ALLA GLOBALIZZAZIONE

Sul piano mondiale la globalizzazione neoliberista ha avuto effetti diversi. Da una parte ha fatto entrare nel circolo dello sviluppo alcuni miliardi di uomini e di donne soprattutto in Asia (Cina, Taiwan, India, Indonesia, Corea del sud, Vietnam) traendole dal sottosviluppo. Pur tra contraddizioni sociali e ambientali interne di non poco conto, queste nazioni una volta considerate nel novero dei paesi sottosviluppati, non lo sono più. Complessivamente quasi tre miliardi di persone vivono meglio e di più. Diverse centinaia di milioni di loro hanno conseguito livelli di vita e di consumo di tipo occidentale. Per loro la globalizzazione neoliberista è stato un progresso sociale. Altro discorso nell'area euro atlantica dove, invece, l'impatto della globalizzazione alla lunga ha terremotato i lavoratori salariati e il ceto medio che si sono visti mettere in concorrenza con il basso costo del lavoro sia degli ex paesi dell'est Europa sia con quello delle "tigri" asiatiche. Di qui la crisi delle democrazie negli Usa e nei paesi europei occidentali e l'avanzare del sovranismo oggi rinculante di fronte alle conseguenze della pandemia.

La sinistra di ispirazione socialista europea non ha saputo vedere criticamente le trasformazioni sociali, politiche e culturali della globalizzazione. Ne è rimasta quasi sorpresa prima e abbagliata poi, mentre il suo blocco sociale fordista veniva frantumato e disperso dalla rivoluzione tecnologica sulle cui robuste spalle si era assisa la controffensiva neoliberista. Eppure Marx ed Engels avevano già avvertito che "La borghesia non può esistere senza rivoluzionare di continuo gli strumenti di produzione, quindi i rapporti di produzione, quindi tutto l'insieme dei rapporti sociali...Il continuo rivoluzionamento della produzione, l'incessante scuotimento di tutte le condizioni sociali, l'incertezza e il movimento eterni contraddistinguono l'epoca borghese da tutte le altre.'' (Manifesto del partito comunista)

COSA CI DICE LA STORIA

Ciò, deve indurre i marxisti a qualche riflessione più generale di carattere teorico corroborata da un'esperienza storica ormai plurisecolare. Si tratta di vedere come oggi si pone il grande tema della trasformazione in direzione del socialismo non a fronte di un'astratta nozione di capitalismo, ma al suo concreto manifestarsi nelle sue varie formazioni economico-sociali in singoli Stati e continenti e nelle loro connessioni globali di regole e di istituti (WTO, FMI, Banca mondiale) che le governano. A questo si collega indissolubilmente un altro tema: cosa è oggi il socialismo, dopo oltre centosettant'anni di esperienze storiche a far data dal Manifesto di Marx ed Engels del 1848.

Il quarantennio passato, segnato dalla rivoluzione conservatrice prodotta dal turbocapitalismo neoliberista, fa tornare il pensiero a un altro assunto storicista di Marx: ''Una formazione sociale non perisce finché non siano sviluppate tutte le forze produttive a cui può dare corso; nuovi e superiori rapporti di produzione non subentrano mai, prima che siano maturate nel seno alla vecchia società le condizioni materiali della loro esistenza.''(Prefazione a Per la critica dell'economia politica).

Ed è precisamente ciò che è successo in questi ultimi decenni.

Il passaggio da quella che Marx stesso definisce formazione economico-sociale (l'insieme di strutture economiche e dei diversi gradi delle sovrastrutture ideali, culturali, spirituali, artistiche, politiche, statuali di una società) ad un'altra avviene molecolarmente nei tempi lunghi della storia, similmente al passaggio da un'era geologica all'altra. Così è stato - seguendo la famosa casistica di Marx ed Engels - per il passaggio dal modo di produzione preistorico a quello asiatico e antico, da quello antico a quello feudale, da quest'ultimo a quello capitalistico. Le rotture rivoluzionarie, le guerre civili, la nascita e la scomparsa di grandi imperi, le guerre di religione, i terribili scontri bellici fra nazioni, hanno punteggiato questi lenti passaggi così come terremoti, eruzioni, bradisismi hanno punteggiato le trasformazioni delle varie ere geologiche. Ma questi fenomeni sono rotture che spingono in avanti la trasformazione che rimane relativamente lenta e molecolare. In altre parole sono l'eccezione che conferma la regola.

La storia del mondo ci dice che i semi della trasformazione sociale nascono nel grembo della vecchia formazione economico-sociale molto tempo prima che divenga maturo il passaggio di qualità. I primi elementi di economia feudale, come il legame del contadino alla terra (servitù della gleba), nacquero già nel cuore dell'impero romano (Diocleziano) ben prima della sua caduta. Il processo di feudalizzazione dell'Europa e il definitivo affermarsi del corrispettivo modo di produzione fondato sull'economia chiusa dura parecchi secoli. Così come l'affermarsi del capitalismo in Europa, con la prima rivoluzione industriale e il sorgere della grande industria in Inghilterra a cavallo fra settecento e ottocento, trae le sue origini dai primi semi di una società mercantile germogliati in seno al feudalesimo sette secoli prima con la nascita dei comuni e ancor prima con l'attività commerciale delle Repubbliche marinare in Italia e nel nord Europa di quelle anseatiche.

SOCIALISMO COME SUPERAMENTO DEL CAPITALISMO

Le contraddizioni prodotte dallo sviluppo capitalistico nella sua fase postfordista e globalizzatrice ripropongono con forza il rilancio delle idee e dei valori del socialismo. Il superamento del capitalismo è un orizzonte che non può essere dismesso da un movimento e da partiti che si richiamino a quei valori e a quelle idee. D'altra parte, appare insufficiente, ai fini della mobilitazione permanente delle coscienze e delle menti, la sostituzione del superamento con la "riforma del capitalismo". Non che questo obiettivo a breve e medio termine sia da disprezzare; tutt'altro, ma non può essere realisticamente perseguito se non sorretto da un'idealità che abbia più forti e radicali orizzonti di giustizia e di libertà per l'umanità intera riassumibile nella parola "socialismo".

Una parola, però, che deve essere depurata da ogni ideologismo e messianismo utopistico circa la creazione di una società perfetta autoregolata priva di contraddizioni interne, coincidente con la fine della storia. In pari tempo il socialismo va disancorato definitivamente da una concezione industrialista volta all'illimitato sviluppo delle forze produttive energivore e, viceversa, sempre più innervato nella categoria dello sviluppo ecologicamente e ambientalmente sostenibile. Esso va inteso, nella sua essenza, come superamento dell'anarchia delle forze produttive, come direzione democratica dei processi economici e del mercato per volgerli alla promozione dell'eguaglianza, della libertà, del benessere sociale e ambientale e dei diritti per tutti gli uomini. Nato per rispondere essenzialmente alla contraddizione di classe del novecento, il socialismo, i suoi valori e la sua ispirazione umanistica, diventa oggi una risposta ancor più necessaria per rispondere e alla pandemia globale del Covid 19 e alla contraddizione ambientale che chiama in causa non solo una classe ma la comune natura umana (Togliatti) di tutti gli uomini. Esso deve connotarsi sempre più, alla luce dell'esperienza storica, come un movimento di progressiva liberazione umana volto a favorire e promuovere consapevolmente la nascita e lo sviluppo di una nuova formazione economico-sociale dal seno stesso del capitalismo. Diceva profeticamente Enrico Berliguer nel dicembre del 1983: "Bisogna anche avere il coraggio di una Utopia che lavori sui 'tempi lunghi' per raggiungere l'obiettivo di utilizzare sempre nuove scoperte scientifiche per migliorare la vita degli uomini e, nello stesso tempo, di guidare consapevolmente i processi economici e sociali. Cos' è il socialismo, se non questo? È la direzione consapevole e democratica, quindi non autoritaria, non repressiva, dei processi economici e sociali con il fine di uno sviluppo equilibrato, della giustizia sociale e di una crescita del livello culturale di tutta l'umanità".

INIZIATIVA POLITICA CONSAPEVOLE

L'ispirazione riformatrice e gradualista di questo socialismo non esclude accelerazioni rivoluzionarie in singole realtà in cui ordinamenti dittatoriali e antidemocratici si dimostrino altrimenti irriformabili. Ma accelerazioni di trasformazione economica in senso democratico e sociale si presentano anche sul piano globale. Oggi, per esempio, il movimento di ispirazione socialista ha come banco di prova la necessità di coordinarsi a livello sovranazionale e di lottare per indirizzare la trasformazione economica verso il superamento dell'energia fossile a favore di quella derivante dalle fonti rinnovabili. E di farlo in tempi brevi per abbattere il riscaldamento globale in atto che, se non arrestato, avrebbe conseguenze devastanti sul genere umano.

Il socialismo è tutt'uno con l'ispirazione democratica secondo cui l'azione politica deve sempre fondarsi sulla partecipazione delle classi subalterne e popolari, nelle forme e condizioni determinate dalla storia dei singoli paesi, poiché non c'è riforma o conquista sociale e politica duratura se non quella prodotta dal consenso e dalla partecipazione attiva degli interessati. Le modificazioni del capitalismo, e financo il suo superamento storico, non saranno il frutto di una sua evoluzione spontanea. Un'iniziativa politica consapevole da parte del movimento socialista sarà sempre necessaria per introdurre, in contrasto con le forze di destra, quelle trasformazioni sociali progressive, quegli elementi economici di sviluppo sostenibile capaci di controllare prima ed eliminare poi gli effetti più perversi e dirompenti degli animals spirits del capitalismo neoliberista. Oltre al tema ben più complesso del confronto con tutti gli integralismi religiosi, a iniziare da quello islamico e di massa.

CON QUALI FORZE SOCIALI?

Innanzitutto con i lavoratori. Il mondo dei lavoratori va riunificato partendo dalla dispersione e frantumazione in cui è stato macinato dal neoliberismo. Quindi vanno considerate forze motrici di un socialismo rinnovato i movimenti ecologisti che in alleanza con i lavoratori dipendenti e autonomi abbiano come obiettivo uno sviluppo sostenibile dell'economia e culturalmente ricco di tutta la società. Loro alleate vanno considerate tutte le forze produttive, anche capitalistiche, interessate alla produzione di merci socialmente e ambientalmente sostenibile in contrasto con la torsione speculativa della finanziarizzazione capitalistica neoliberista. In termini nuovi rispetto agli anni '70 del Novecento si potrebbe parlare di un'alleanza fra tutte le forze produttive antispeculative.

CON QUALI FORZE POLITICHE E CULTURALI?

Con tutte quelle umanistiche, laiche o di ispirazione religiosa, non integraliste, che abbiano come obiettivo la prevalenza dell'interesse collettivo su quello egoistico e corporativo di ceto sociale.

LA DIMENSIONE INTERNAZIONALISTA

Com'è noto alla prima dimensione internazionale del capitalismo Marx ed Engels risposero incitando il proletariato ad avere a loro volta nella lotta una dimensione internazionalista. Celebre il vero e proprio grido che conclude "il Manifesto" del 1848: "Proletari di tutti i paesi unitevi!". In seguito, la dimensione internazionalista fu se non obliata almeno molto ridotta fino al fallimento vergognoso del 1914, quando la maggioranza dei partiti socialisti si schierò con le proprie borghesie nazionali infervorate dalla guerra imperialista. La ripresa internazionalista venne con la Rivoluzione d'ottobre e con le vicende legate al movimento comunista mondiale dominato dall'Urss staliniana e post staliniana, con la vittoria sul nazifascismo nella seconda guerra mondiale e il moto anticoloniale e antimperialista che da essa prese avvio nel trentennio successivo.

La rivoluzione conservatrice neoliberista, con il crollo dell'Urss e del "socialismo realizzato" nei paesi dell'est Europa, ha avuto, tra gli altri, anche l'effetto di annichilire la dimensione internazionalista della sinistra europea e mondiale. La subalternità all'ultima fase recente della globalizzazione capitalista ha contrassegnato in vari modi e forme i partiti del socialismo scaturiti dal movimento operaio di fine '800 e del secolo novecento. Una ripresa del socialismo non può avvenire se non in una dimensione internazionalista. Per essere più precisi: se non si ristabilisce un equilibrio nuovo e più avanzato fra dimensione internazionale e nazionale della lotta.

La dimensione internazionale deve investire grandi questioni planetarie con accordi riguardanti gli aspetti principali del futuro dell'umanità: clima, ambiente, salute, lavoro, welfare, nuove tecnologie digitali ecc. Ad esserne investite in primo luogo sono le grandi organizzazioni planetarie, economiche o di altra natura: il Fondo monetario internazionale (Fmi), la Banca mondiale, il World Trade Organization (WTO), l'Organizzazione mondiale della sanità (Oms), L'Organizzazione Internazionale del Lavoro (OIL), Il Programma delle Nazioni Unite per l'ambiente (UNEP) ecc.. Tutto ciò nel quadro di un potenziamento dell'ONU e dei suoi strumenti che prefigurino una sorta di "governo mondiale" (Berlinguer).

Poi vi è una dimensione internazionalista o sovranazionale che interessa il cuore del socialismo europeo: l'Unione europea. Il conseguimento di una unità europea democratica e sociale è un aspetto essenziale della lotta internazionalista per il socialismo per due ragioni. Primo, perché il nostro Continente è stato la culla del socialismo. Secondo perché un'Europa animata e costruita su valori democratici, inclusivi e sociali, che cessi di parlare al mondo con una cacofonia di lingue nazionaliste acquistando una sola voce progressista, sarà un bene per i paesi aderenti, per gli equilibri mondiali fra grandi potenze (Cina, Russia, Stati Uniti), per la pace e per tutta l'umanità.

E allora "l'Europa balzerà dal suo seggio e griderà: ben scavato, vecchia talpa!".

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