CRONACHE DEL TEMPO DELLA PANDEMIA

L'INIZIATIVA DI GRILLO

I primi effetti dell'incoronazione di Conte a leader rifondativo del M5. Al PD tertium non datur.

di Aldo Pirone

Domenica scorsa c'è stata un'iniziativa politica di Beppe Grillo e dei maggiorenti del M5s: la promozione di una rifondazione del Movimento affidata alla leadership di Conte.

Com'è noto la formazione del governo Draghi ha avuto, inevitabilmente, dei contraccolpi non positivi nei partiti che avevano sostenuto il Conte 2 fino alla fine: Leu-Pd-M5s. Leu si era divisa. Sinistra italiana di Fratoianni non aveva votato la fiducia a Draghi (col dissenso di due parlamentari), dentro al Pd si era levata subito la contestazione alla segreteria di Zingaretti dell'area renziana, para renziana e di tutti quelli che non accettano la prospettiva dell'alleanza strategica con i pentastellati in una concentrazione progressista. Ma, soprattutto, non accettano il tentativo, sebbene eccessivamente prudente e non privo di contraddizioni, di disancorare il Pd dall'impianto di nascita del Lingotto "a vocazione maggioritaria" di veltroniana memoria. Il loro scopo, come ha scritto Nadia Urbinati, è "Fare un partito liberaldemocratico, amico delle multinazionali e dell'unione padronale nostrana". Compiutamente, direi, viste le precedenti performances dei democrats negli anni passati. Dentro il M5s il marasma è stato più evidente: abbandoni ed espulsioni si sono susseguiti fra e di coloro che, deputati e senatori, non avevano accettato di votare la fiducia a Draghi. Con strascichi di contenziosi legali tipici dei pentastellati.

Perché a proposito della "svolta" di Beppe Grillo è giusto parlare d'iniziativa politica? Perché essa non si racchiude, almeno nelle intenzioni dei suoi promotori, nel recinto di una semplice riorganizzazione o nell'ennesimo annuncio propagandistico, ma va oltre può incidere da subito nel quadro politico degli altri partiti sostenitori dell'ex maggioranza del Conte 2 e anche nell'elettorato. Secondo quanto ha riportato l'Agenzia Adnkronos sulla scorta di fonti interne ai partecipanti al vertice, svoltosi all'hotel Forum di Roma (insieme a Conte e Grillo, c'erano Vito Crimi, Luigi Di Maio, Roberto Fico, Alfonso Bonafede, Riccardo Fraccaro, Paola Taverna, Carlo Sibilia) la rifondazione contiana del M5s ambisce a "una ristrutturazione integrale per trasformarlo in una forza politica sempre più aperta alla società civile, capace di diventare punto centrale di riferimento nell'attuale quadro politico e di avere un ruolo determinante da qui al 2050. Una centralità che non sembra essere il centrismo politico moderato prospettato da Di Maio. "Il Movimento sarà - sempre secondo le fonti grilline - la forza trainante della transizione ecologica e digitale, poggiando però su pilastri insostituibili, quei valori originari che l'hanno sempre contraddistinto: la tutela dell'ambiente, l'importanza dell'etica pubblica e della lotta alla corruzione, il contrasto delle diseguaglianze di genere, intergenerazionali, territoriali, la lotta contro le rendite di posizione e i privilegi, la più ampia partecipazione dei cittadini alla vita democratica attraverso il rafforzamento degli istituti di democrazia diretta". L'altro elemento di non poco conto è che tutto questo si affida a "Giuseppi" ridandogli un ruolo immediato e di primo piano nell'agone politico. L'altro giorno Conte aveva anche chiarito la sua visione dell'Europa fondata sul rafforzamento dell' "ordinamento democratico", il potenziamento dell'europarlamento, la solidarietà sociale ed economica, i diritti, l'ambientalismo come orizzonte strategico, "il lavoro quale strumento di 'dignità sociale' dei cittadini europei" contro la disoccupazione e per la protezione europea del salario.

A questo punto due sono gli interrogativi: come Conte riuscirà ad attuare questi intenti e come essi influiranno a sinistra nel Pd e in Leu. In Leu non dovrebbero esserci soverchi problemi perché anche Si di Fratoianni aveva teso a circoscrivere il dissenso sulla fiducia al governo Draghi assicurando la sua disponibilità all'alleanza progressista con Pd e M5s fin dalle imminenti elezioni amministrative. Da quelle parti la "svolta" grillina non dovrebbe essere sgradita, anzi. Nel Pd, invece, la ricaduta dell'iniziativa grillina dovrebbe, da una parte, dare forza a chi continua a considerare non occasionale l'alleanza con i pentastellati, ma dall'altra potrebbe alimentare ancor più le resistenze contrarie. Il pretesto potrebbe essere che Conte è diventato a tutti gli effetti e formalmente leader del M5s e non più federatore com'era prima dell'incontro fra Leu, Pd e pentastellati.

Sta di fatto che la questione di una rifondazione unitaria della sinistra - tutta e non solo del Pd - in mescolanza con l'associazionismo progressista e ambientalista della società civile, è sempre più urgente perché la "rifondazione" pentastellata, se si svilupperà lungo le linee prospettate sciogliendo in avanti le ambiguità trasversalistiche e i tanti primitivismi politici e culturali del Movimento (compresa la selezione dei rappresentanti istituzionali), può diventare un soggetto concorrente e competitivo a sinistra e accingersi a tagliare l'erba nel giardino del vicino. I primi sondaggi immediati già lo confermano. Ma non è solo per questo che la sinistra "storica" deve muoversi, lo deve fare innanzitutto per dare un'altra e più solida gamba all'alleanza progressista che, prima o poi, dovrà nelle elezioni politiche contendere il governo del Paese con la destra in generale e con quella di Meloni e Salvini in particolare.

A questo punto la parola tocca, soprattutto, al Pd. Sue sono le remore, le ambiguità di collocazione sociale e politica che devono essere definitivamente sciolte al più presto in una direzione, quella di un profilo modernamente socialista e cristiano (nel senso di Papa Francesco), o nell'altra, quella della riproposizione stanca e ripetitiva di un impianto liberaldemocratico, moderato e neocentrista, subalterno a lorsignori che è nel Dna dei dem come furono concepiti al Lingotto.

Terzium non datur.

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