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LETTERA DI UNA LETTRICE SPECIALE.

PER LA RIPRESENTAZIONE DEL LIBRO

DI MARIO QUATTRUCCI "QUEL DELITTO DEL '56"

di Ester Apollonio

Ester Apollonio è stata mia collaboratrice d'eccellenza del periodo in cui ho presieduto il Gruppo Regionale del PCI. In precedenza un pilastro dell'organizzazione romana. Così scrive:

Caro Mario, ho letto "Quel delitto del '56" tutto d'un fiato. Grazie per averci restituito uno spaccato della vita politica fatto delle passioni e delle ragioni che più intimamente conducono le persone a parteciparvi.

Non ero a conoscenza di tante cose che hanno riguardato personaggi noti della politica (mi riferisco ai DC Taviani e Gronchi), causa anche un mio mancato approfondimento, questi sono stati da me sommariamente e in blocco uniti al corpaccione della DC, senza troppi distinguo. La mia adesione al Partito è stata in un'età in cui si vede tutto in bianco e nero e si è prevalentemente guidati da sentimenti etici e di giustizia sociale e le ragion di stato le sfumature, le opportunità e cautele politiche rispetto ai contesti del momento non si comprendono.

Comunque, quello che maggiormente ho apprezzato del racconto è stata la capacità e la scelta di rivelare un vissuto non proprio facile da rivelare, perché quasi sempre prevale il timore del tutto politico di prestare il fianco agli avversari e capisco la lunga incubazione e il tuo rimuginare per tanti anni prima di sciogliere il grumo dei pensieri attorno a questi fatti. Mi ha colpito il tuo vissuto e quello del gruppo dei giovani della sezione catapultati improvvisamente in esperienze tanto particolari, un battesimo di fuoco, dove emerge la voglia di capire più che la paura di misurarsi con eventi tanto sconvolgenti. Non ero a conoscenza anche di tanti aspetti di ritorsioni e di vera persecuzione organizzata a danno di tanti partigiani e loro simpatizzanti nel dopoguerra e di quanto a lungo vivesse nell'animo di molti compagni un'allerta e una disponibilità a riprendere la via di una rivolta ben più consistente di una lotta politica anche dura.

Capisco sentimenti e risentimenti e le passioni che hanno animato tanti di coloro che hanno subito torti e vere e proprie ingiustizie e tragedie nel ventennio, durante la guerra e la lotta partigiana e la difficoltà di vedere riproporsi in una veste nuova altri abusi, altre persecuzioni, altre ingiustizie, avendo contribuito fattivamente alla Liberazione del Paese dal fascismo.

Capisco lo spirito che anima Dino e gli altri due, è l'intimo sentimento che scuote la maggior parte di noi se si mette nei panni di chi ha subito atroci danni e come prima cosa vorrebbe essere autore di una giustizia terribile personale e certa, che poi, fortunatamente, riesce a dominare. Sono quei sentimenti intimi che animano tanta folla al funerale di Dino, tra questi tanti compagni con le bandiere rosse del PC. E' un' umanità che grida vendetta perché atroce è stata l'esperienza subita.

In tutto il racconto staglia la figura di tuo padre, il Maresciallo Cenciarelli, (che nome gli hai dato!) coraggioso e caparbio che a dispetto di tutti gli ostacoli che gli si frappongono si ostina alla ricerca della verità dei fatti sul morto suicidato, mettendo in conto anche il rischio personale che corre. La ricerca della verità, prima ancora per se stesso che per gli altri, è la cifra del suo insegnamento, il coraggio della verità che ancora ti accompagna.

Una grande ammirazione sia per tuo padre che per tua madre, conosciuta nel libro "Memoria che ancora hai desideri", esempi luminosi dei quali hai avuto la fortuna di poterti nutrire, per la loro intelligenza, coraggio, apertura mentale e dirittura morale e i sentimenti di appartenenza sociale coerentemente praticati, tutte qualità che ti hanno trasmesso e per le quali hai tutta la mia stima.

Ester

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