LA SETTIMANA ENIGMATICA
di Riccardo Cochetti
"Diario satirico per spiriti liberi"
Appena graziati dall'ennesimo governo che inspiegabilmente, ma con indubbia coerenza professionale, riescono come i precedenti a tenere da tre lustri in ostaggio per fargli insabbiare la Direttiva Bolkensitein, i privilegiatissimi titolari delle concessioni balneari sono invece incappati in una definitiva sentenza del Consiglio di Stato, in base alla quale il 31 dicembre del 2023 cesserà ogni possibilità di ulteriori prolungamenti, neppure per mezzo di proroghe dettate da amichevoli leggi, e, aprendosi finalmente il settore alla concorrenza, molti di loro potrebbero finalmente ritrovarsi all'ultima spiaggia.
Valentino Rossi ha invece definitivamente abbandonato le corse motociclistiche, e resterà di sicuro un idolo nel cuore dei tantissimi che sono sempre stati ovviamente disposti a soprassedere ai 92 milioni di euro, importo ben superiore a quello con ipocrita scandalo arraffato dai furbetti del Reddito di cittadinanza, che l'Agenzia delle Entrate gli ha abbonato dei 112 di evasione fiscale contestatigli: strano Paese il nostro, dove lo sport è proficuamente considerato come un oppiaceo da parte di uno Stato mostratosi impotente di fronte alle adunate di luglio per i festeggiamenti degli Europei di calcio e invece particolarmente animoso nel disperdere in seguito le manifestazioni di no-vax e no- pass, per quanto ovviamente insopportabili, accusandole di essere fattori di diffusione del contagio di cui invece non si preoccupa minimamente né riguardo allo shopping prenatalizio nei centri commerciali né nel continuare a costringere studenti e lavoratori a viaggiare stipati su mezzi pubblici affollatissimi.
Il governo Draghi ha comunque ritenuto elegante affrettarsi ad inserire nella manovra una stretta al Reddito di cittadinanza pochi giorni prima che la Commissione sul tema appositamente istituita a marzo dal Ministro del Lavoro Andrea Orlando, presieduta dall'eccellente sociologa Chiara Saraceno, consegnasse le proprie proposte: non deve quindi minimamente stupire che alcuni aspetti del Reddito, definiti da quella stessa Commissione stessa palesemente assurdi ed inutilmente punitivi, siano stati addirittura peggiorati.
C'è poi chi come l'infame Renzi, dall'alto dei suoi acclarati due milioni e mezzo di euro di introiti recenti, è riuscito senza sputarsi in faccia da solo a definirlo Reddito di criminalità, senza porsi minimamente il problema di come potrebbe essere definita la sua remunerazione da parte di un governo universalmente noto come dedito alle fustigazioni, alle esecuzioni per decapitazione ed all'eliminazione fisica di giornalisti.
Fermo restando che a qualcuno potrebbe apparire inconcepibile che ai parlamentari non debba semplicemente applicarsi la medesima previsione che la Carta costituzionale rivolge ai pubblici impiegati, obbligandoli ad essere "al servizio esclusivo della Nazione", in occasione dell'urticante emersione dei proventi accumulati dal cosiddetto Senatore di Scandicci, senza ovviamente alcun intento di denigrare gli scandiccesi tutti, Calenda ha utilizzato il termine barbarie, ma contrariamente a quanto potesse pensare qualsiasi connazionale perbene l'ha riferito alla pubblicazione della notizia e non al contenuto della medesima: né deve stupire più di tanto come altrettanta sconcia solidarietà gli sia stata espressa dalla pasdaran Bellanova e da un Salvini impelagato con i rubli, ma anche dai superflui Tajani, Guido Crosetto di Fratelli d'Italia e Irene Tinagli, nominata Vicesegretaria del PD solo quale testimonial della propensione liberista del partito, così come dalle sue poderose quinte colonne incistate nella maggioritaria corrente PD di Base riformista.
Come se non bastasse, a tutto ciò ha fatto seguito anche la diffusione della notizia relativa ad un dettagliato piano di chiara matrice berlusconiana per l'invasione renziana di televisioni e giornali in vista del referendum del 2016: e pensare che per vincerlo gli sarebbe stato ampiamente sufficiente evitare di promettere il suo ritiro dalla politica in caso di sconfitta, anche se bisogna purtroppo dolorosamente ammettere che anche chi in una così succulenta circostanza ha votato No ha in effetti dimostrato di avergli comunque maldestramente attribuito un'improponibile credibilità.
Dalle informazioni lecitamente diffuse dopo la chiusura dell'inchiesta sulla Fondazione Open è inoltre spuntato anche il giro di email tra Fabrizio Rondolino, Matteo Renzi e Marco Carrai, del gennaio del 2017, in cui, a referendum perso, si individuava la necessità di diffondere, oculatamente attraverso un apposito sito internet da appoggiare su un server estero non sottoposto alla legislazione italiana, non solo rivelazioni, ma anche fake news mirate a distruggere la reputazione e l'immagine pubblica degli avversari politici, intendendosi però come tali esclusivamente vertici ed esponenti di primo piano del Movimento 5Stelle, del quale molto probabilmente poteva aver secondo alcuni comprensibilmente suscitato un eccessivo malumore la ricorrente invocazione dell'onestà.
In ogni caso potrebbe risultare di estremo interesse riflettere sulla circostanza che, in ripetute email, l'avvocato Alberto Bianchi, petalo del Giglio magico e Presidente della cassaforte renziana, andava pressantemente suggerendo
di chiudere in qualunque modo la Fondazione Open entro il 31 gennaio 2019, letteralmente allo scopo di "evitare di entrare nell'orbita di applicazione della legge 3/2019": sarebbe in effetti definitivamente illuminante, per confermare le sensazioni di molti rispetto agli appartenenti a quella cordata, ricordare come si trattasse di una legge non a caso denominata Spazzacorrotti.
Il termine del 20 ottobre da rispettare per far approdare in Parlamento del Disegno di legge sul bilancio è stato ampiamente disatteso dall'infallibile né criticabile Premier, tanto da avvenire soltanto oggi 19 novembre: non tanto la sua preventiva approvazione in sede di Consiglio dei Ministri è stata approntata già otto giorni dopo quella scadenza, ma soprattutto c'è stato addirittura qualcuno che, ignorando scientemente o meno come rimanga gravemente illegittimo far approvare dai Ministri un Ddl per soli titoli o incompleto, si è da allora ad oggi dedicato presso il Ministero dell'Economia a redigerne i dettagli, ad apportarvi innovazioni ed aggiungervi ben 34 articoli non debitamente approvati dal Consiglio dei Ministri: con il ben noto piglio e posto
totale esautorazione del ruolo del Parlamento, Enrico Letta ha però fortunatamente lanciato la pugnace idea di un patto di tutti i leader con Mario Draghi per blindare la manovra, ottenendo facilmente quell'unanimità che consentirà alle cosiddette forze politiche di maggioranza di ottenere senza alcuno sforzo lo strepitoso esito di arrendersi alle
di fronte all'ennesima prospettiva di
imposizioni del Premier senza neppure rivendicare il potere legislativo delle Camere.
Piuttosto, qualcuno avrebbe preferito che Letta avesse maturato il desiderio di pronunciarsi tempestivamente sulla vicenda delle iscrizioni al suo partito avvenute online in quel di Avellino, dove la sola notte precedente la chiusura del tesseramento ha visto incrementare la base di ben 6.000 iscritti rispetto ai già noti 4.000: in particolare, sarebbe stato senza meno interessante conoscere quale sua carismatica linea politica, altrove ignota, avesse potuto convincere, in tempi di dilagante astensionismo e disaffezione, così tante persone non solo ad iscriversi, ma anche a versare la
prevista quota di 22 euro.
Lo stucchevole minuetto finora a carte coperte sulla prossima elezione del Capo di uno Stato che, laddove si avverasse la più insolente previsione di Berlusconi al Quirinale, andrebbe definitivamente a puttane, rimane saldamente sincronizzato con quello sull'eventuale fine anticipata della legislatura: secondo alcuni tuttavia la maggiore garanzia della sua durata fino alla naturale scadenza è rappresentata dal sublime afflato esclusivamente patriottico dei parlamentari, in particolare dei 690 neoeletti che in caso di scioglimento delle Camere prima di settembre 2022 perderebbero sia il diritto alla pensione che i contributi finora versati, stimati in circa 50mila euro a testa. Senza contare per di più quanti vorrebbero comprensibilmente vedere allontanarsi il più possibile il giorno in cui, terminata la legislatura, i posti a disposizione scenderanno da 630 a 400 alla Camera e da 315 a 200 al Senato.
I cosiddetti Grandi della Terra hanno da qualche tempo scoperto che conviene mostrarsi come ambientalisti, e continuano dunque a volersi ogni tanto accreditare come difensori del Pianeta, rinnovando ad ogni occasione la truffa di inneggiare all'ambiente e contemporaneamente alla crescita del Pil, che sono invece in tutta evidenza incompatibili. Sarebbe invece quanto meno opportuno cominciare se non altro a disfarsi del superfluo, ma per far questo occorrerebbe che la modernità, purtroppo consegnatasi capitalisticamente al ruolo di schiava del mercato, preferisse nutrirsi più di filosofi, ricominciando se del caso da un certo Marx, che di influencer.
Anche la Cop26 di Glasgow ha quindi ancora una volta partorito promesse vaghe su tempi indefiniti, dilaniandosi lungamente per lo più nella scelta di una parola o di un aggettivo piuttosto che altri: assoluto protagonista negativo è alla fine risultato il delegato di Nuova Delhi, che ha ottenuto di far digerire a tutti gli altri 199 paesi presenti l'utilizzo dell'espressione "ridurre gradualmente" invece che "eliminare gradualmente" il ricorso all'energia derivante dallo sfruttamento del carbone, mentre chiunque aveva fino a quel punto sperato che si limitasse a fare l'indiano.
Mentre pochissimi degli impegni sulle emissioni zero appaiono codificati in legge, l'Unep, l'organo istituzionale delle Nazioni unite delegato ai temi della tutela ambientale, ha rivelato anche l'insussistenza di qualsiasi garanzia che i paesi rispettino i loro impegni: a maggior vergogna del banale esito dell'incontro in terra scozzese, di veramente sicuro al termine delle serrate negoziazioni emerge soltanto la scomparsa del termine del 2023 per istituire quel fondo di aiuti da 100 miliardi all'anno a beneficio dei paesi poveri, promessa del resto già disattesa sin dal 2009.
Tra l'altro per l'Italia questa è stata una riunione senza un proprio "Inviato per il clima", figura introdotta, con la specifica finalità di garantire la più efficace partecipazione agli eventi e ai negoziati internazionali sui temi ambientali ed il cambiamento climatico, con una legge entrata in vigore lo scorso giugno, ma non ancora nominata: l'unica figura che abbiamo quindi potuto ostentare anche a Glasgow è stata quella della consueta inaffidabilità.
Potrebbe peraltro essere considerato significativo che, quanto all'alleanza Boga, acronimo di Beyond Oil and as Alliance, che punta ad una graduale eliminazione della produzione di petrolio e gas attraverso obiettivi tangibili e
misurabili, l'inquietante Ministro Cingolani avrebbe potuto scegliere di far aderire l'Italia ad uno dei tre livelli di partenariato, definiti come "core", "associato" e "amico". Ovviamente ha scelto il terzo, che consiste nel limitarsi a sottoscrivere la preliminare inutile dichiarazione di intenti e non comporta purtroppo, a differenza del primo, l'impegno ad evitare nuove concessioni e licenze per la produzione e l'esplorazione di petrolio e gas né, a differenza del secondo, l'impegno a riformare il regime delle sovvenzioni ed a porre fine al sostegno finanziario pubblico per l'esplorazione e la produzione di petrolio e gas all'estero. Gira comunque voce che, fosse stato per lui, avrebbe aderito volentieri ad un auspicato quarto livello di "conoscente occasionale".
A partire dalla tarda serata di oggi, la Giunta per le immunità del Senato inizierà a discutere circa la richiesta inoltrata alla Presidente di Palazzo Madama Casellati da Renzi, che sin dallo scorso ottobre le ha chiesto di porre in essere tutte le azioni a tutela dei diritti del parlamentare, cioè in sostanza di difenderlo dall'attività svolta dalla Magistratura di Firenze sulla Fondazione Open facendo scendere su di lui il velo catartico dell'immunità, nonostante i fatti contestatigli siano precedenti al suo ingresso in Parlamento: viste le appartenenze dei 23 membri della Giunta, si ha purtroppo motivo di ipotizzare che in nottata potranno essere forse al massimo 5 a schierarsi contro il ricorrente, che con tutti gli altri, probabilmente a causa dei natali in altra provincia e visti i suoi recenti voti in aula insieme alla destra, non sembra peraltro neppure condividere la litigiosità diurna attribuita ai ladri di Pisa.